I musei hanno una nuova protagonista a tempo pieno: la moda

Moda e arte vivono da sempre un rapporto simbiotico. Negli ultimi anni, però, si sono moltiplicate, nei musei d’arte, le mostre di moda. Per i brand non sono più solo uno strumento di comunicazione, ma anche l’occasione per interrogarsi sul futuro del sistema. Come ci spiega Maria Luisa Frisa, curatrice di Memorabile. Ipermoda, inaugurata di recente al MAXXI di Roma

di Domenico Casoria

 

Non è più una novità che un grande museo ospiti una mostra sulla moda. Eppure, solo qualche anno fa, sembrava impensabile. Ecco perché la nuova esposizione in scena al MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, riaccende il dibattito. Ma Memorabile. Ipermoda fa di più. Indaga gli ultimi dieci anni della moda, attraverso oggetti che restituiscono la sua aspirazione verso il memorabile. Non solo abiti, ma la necessità di raccontare il contemporaneo (frammentato) attraverso la moda.

I musei e la moda

Nel rapporto con l’arte, e quando entra in un museo, la moda soffre ancora la nomea di “figlia minore”?

Il rapporto fra moda e musei in Italia è cambiato negli ultimi anni, sicuramente grazie all’attenzione sempre maggiore verso le mostre di moda. Che anche per i brand non sono più solo uno strumento di comunicazione, ma un’occasione per svolgere riflessioni, impostare domande, suggerire visioni e concetti. Il fatto che istituzioni come il MAXXI accolgano Memorabile. Ipermoda segna chiaramente un cambio. È un segnale importante per uscire dalla retorica sul ruolo ancillare della moda.

Oggi la moda è protagonista di molti progetti artistici. Cosa è cambiato nel rapporto con l’arte rispetto a dieci anni fa?

Il rapporto fra arte e moda è soprattutto una condivisione di pratiche e processi. Non è una questione identitaria. Ovvero se la moda sia arte, perché ormai siamo consapevoli che si tratta di due ambiti disciplinari separati, con proprie regole, che si guardano e si relazionano. Ma si sostengono reciprocamente (anche da un punto di vista economico). Come diceva il critico e curatore Richard Martin parlando del lavoro di Viktor & Rolf – condividono un orizzonte comune, quello della cultura visuale contemporanea.

Cosa cambia in un museo per la moda

Per entrare in un museo, l’abito deve avere una postura diversa rispetto a quella che ha in passerella o in vetrina?

Sono convinta che quando la moda entra nel museo, non deve perdere di vista il rapporto con la dimensione commerciale e con il display da vetrina. È parte del modo in cui siamo abituati a percepirla. Quindi, un allestimento musale deve tenerne conto anche per scegliere un approccio espositivo evidentemente differente. Il modo in cui si decide di esporre i pezzi è connesso profondamente anche ai temi che attraversano la mostra. Per Memorabile. Ipermoda ho scelto manichini sartoriali che mettessero in evidenza le qualità costruttive e materiche dei capi scelti. Per dare risalto gli oggetti, quasi assoluti. Ma, appunto, non c’è una regola stabilita: è una scelta curatoriale.

A che punto è la musealizzazione della moda in Italia? Non sarebbe necessario musealizzare anche la crisi del sistema?

Sicuramente mostre e libri che tengano conto delle ragioni della crisi e che la indaghino sono importanti. Però una politica culturale sulla moda non è solo una questione museale: è prima di tutto consapevolezza della necessità di azioni (politiche, per l’appunto) che tengano conto della dimensione economica, dei cambiamenti in atto a proposito delle transizioni gemelle (digitale e sostenibile), della formazione e della ricerca universitarie. Questo, secondo me, permette di articolare un vero, solido, polifonico discorso culturale della e sulla moda.

L’idea di memorabilità

Cosa rende non-memorabile un abito?

Non credo ci siano abiti non-memorabili in assoluto. Per me la dimensione del memorabile ha più a che fare con un desiderio di interpretare in modo indelebile la contemporaneità. La moda di questi ultimi anni si è caratterizzata moltissimo in questo senso. Ha lavorato su questo. Sia nella produzione degli oggetti, sia nella produzione di immaginari.

Come si inserisce la pelle nella memorabilità di una creazione di moda?

Ci sono alcuni pezzi in mostra che rendono evidente la forza memorabile della pelle e del suo utilizzo nella moda. Pelletteria è sinonimo di qualità altissima nella progettazione e nella produzione di un oggetto. Gli oggetti, per esempio, di Bottega Veneta, con la direzione creativa di Matthieu Blazy, sono straordinarie elaborazioni progettuali che attraverso la pelle trasfigurano abiti, divise e accessori in sofisticati elementi che ridefiniscono il quotidiano. La borsa secchiello Kalimero sembra una elaborata scultura in ceramica ma ha la leggerezza della pelle lavorata col motivo intreccio foulard, invenzione straordinaria, espressione della qualità assoluta del nostro Made in Italy.

 

I musei hanno una nuova protagonista a tempo pieno: la moda
Maria Luisa Frisa

 

Memorabile. Ipermoda

Come è nata l’idea di Memorabile. Ipermoda e il suo allestimento?

La mostra nasce dalla lettura di un libro sull’oggetto-persona dell’antropologo Carlo Severi, che ha lavorato anche sul tema della “chimera”. L’oggetto-persona. Rito Memoria Immagine è un libro molto complesso. Severi parla dell’oggetto abito come di qualcosa che possiede una grande forza anche estranea a noi, al di fuori di noi, e questa è la moda. Da qui mi è venuta l’idea di costruire una mostra che affrontasse questo tema e nello stesso tempo registrasse il momento presente, in cui la moda è attraversata da una smania di gigantismo e vuole a tutti i costi essere memorabile.

Ecco, allora, immagini che devono colpire la fantasia: abiti stratosferici nelle sfilate, che di fatto non sono più nemmeno sfilate ma veri e propri eventi, performance, happening in luoghi straordinari. Tutte queste azioni sono molto forti emotivamente e restituiscono un altrove meraviglioso. Per l’allestimento ho lavorato scegliendo, come mi piace fare sempre, uno studio giovane, Supervoid, che non ha una consuetudine con la moda. Il dialogo con loro è partito proprio dallo spazio della Galleria 5 al MAXXI che è una sala in lieve pendenza, difficile da domare, affacciata sulla città. Il progetto di allestimento si è configurato come una sequenza di scene, definite da una base ed un fondale.

C’è un pezzo che avrebbe voluto ma che non è riuscita ad avere?

Non ci sono mai rimpianti nei miei progetti curatoriali. Quando chiudo un allestimento, quando finisco di gestire i posizionamenti dei manichini, quello che è in mostra funziona perfettamente. Le conversazioni fra oggetti in questo allestimento, secondo me, sono evocative e potentissime.

La moda e il corpo

La moda può trascendere dai corpi?

La moda è sempre progetto del corpo, dei corpi. Fa parte del suo DNA, penso alla modellistica, al moulage, ma anche all’importanza che la gestualità ricopre nella progettazione degli accessori. Il concetto di Ipermoda non vuole dimenticare il corpo, le espressioni di genere. Serve piuttosto a evidenziare il potere che gli oggetti in mostra hanno di superare il tempo, il qui e ora della moda, l’apparente immediatezza delle proposte che vediamo nei fashion show e nei fashion film. I pezzi diventano quasi presenze monumentali, e non solo per questioni di dimensioni e materiali, ma in senso concettuale. Perché ci permettono di raccontare l’oggi, di interpretarlo, di metterlo in discussione. E di immaginare le traiettorie di domani.

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