Superare i limiti del design tradizionale. Esplorare le tensioni e le sfide del mondo contemporaneo. Un nuovo senso del tempo nella moda. Sono questi i temi della mostra The Waves andata in scena dal 2 al 30 marzo alla Galleria 10·Corso·Como. Ne abbiamo parlato con il curatore Alessio de’Navasques, che ci ha raccontato l’ispirazione e l’impianto tecnico di “The Waves”
di Domenico Casoria
The Waves ha raccolto le opere di cinque tra i brand e i giovani designer più innovativi e radicali della nuova generazione: ALL-IN, Duran Lantink, Hodakova, Vaquera, zomer. I quali, attraverso le proprie creazioni, sembrano rispondere al momento difficile che sta affrontando il sistema moda. La loro è una fotografia d’insieme, ma allo stesso tempo dissonante. L’intento della mostra, sottolinea de’Navasques, è stato quello di mettere insieme le voci emergenti più forti del panorama internazionale, per provare a dare una risposta alle sfide del presente.
The Waves
“Attraverso forme espressioniste, couture, sartoriali, ma non minimali, tutti i protagonisti sembrano rispondere al momento difficile con collezioni che affrontano alcune tematiche del contemporaneo. Gender, rapporto col corpo, ideali di bellezza, sfruttamento dei materiali o forme di escapismo”. Interrogativi che chiamano in causa la moda. Partendo dal titolo di uno degli scritti di Virginia Woolf, The Waves, per l’appunto: titolo che evoca il moto perpetuo per eccellenza – quello delle onde – come rappresentazione di un tempo incontaminato, un eterno presente che si ripete ciclicamente. “The Waves è chiaramente un gioco. Si ispira al romanzo della Wolf in una maniera metaletteraria, con l’idea di strutturare l’esposizione come sei diversi dialoghi attraverso cinque o sei pezzi per ogni designer. Ognuno è stato posizionato nello spazio rarefatto della Galleria come se si infrangesse sull’altro, proprio come nel moto di un’onda. Il tutto evidenziato da un dispositivo centrale di carta e alcuni display con cui abbiamo ricreato una visualizzazione del fluttuare”.
Una visione radicale
Le creazioni, dicevamo, sono figlie di una visione estremamente radicale. “Sono tutte creazioni profondamente sartoriali perché strizzano l’occhio alle tecniche di alta moda, ma ridefiniscono le silhouette con tecniche nuove, materiali di riuso – zip, scarti di pelliccia, componenti o altri materiali – che raccontano anche il modo in cui si evolve il concetto di sostenibilità, diventando così una possibilità” aggiunge Alessio de’Navasques. Un mondo passato che si incontra con le necessità del presente.
Le installazioni, parte 1
ALL-IN, creato da Benjamin Barron e Bror August Vestbø, per esempio, rappresenta un laboratorio di sperimentazione del contemporaneo. Nato inizialmente come rivista indipendente, il brand si è evoluto in una collezione caratterizzata dalla decostruzione e reinterpretazione di forme e oggetti preesistenti. Danial Aitouganov e Imruh Asha, fondatori di Zomer, giocano con materiali diversi per creare strutture tessili animate da una natura drammatica e artificiale che evoca l’immagine di un giardino immaginario. Ellen Hodakova Larsson, designer svedese e mente creativa del marchio Hodakova, riflette da sempre sulle dinamiche della produzione e del consumo, utilizzando materiali semplici. Hodakova crea nuovi linguaggi stilistici attraverso cinture, zip, pellicce, stivali e altri elementi insoliti, che danno vita a una nuova dimensione estetica.
Le installazioni, parte 2
Duran Lantink, dal canto suo, ridefinisce l’idea del corpo attraverso volumi che avvolgono e proteggono. Per The Waves il designer ha esposto pezzi del progetto Sistaaz of the Castle, realizzato a Cape Town in collaborazione con SistaazHood, organizzazione no-profit che supporta i diritti di sex worker transgender. Infine, il collettivo americano Vaquera, fondato da Patric DiCaprio (successivamente affiancato da Bryn Taubensee) sfida gli standard tradizionali di bellezza e corpo, creando un ponte tra avanguardie e subculture in una continua rottura dei confini convenzionali. Tutte tematiche che la moda oggi sta affrontando. Tra gli outfit proposti, anche alcuni in pelle: “Rielaborazione di prodotti già esistenti, una cinta o una vecchia borsa. Essendoci anche un focus sulla materialità e sulle questioni legate al consumo, la pelle è centrale in questo tipo di narrazioni” conclude de’Navasques. Insomma, qualcosa di più contemporaneo di così, è difficile immaginarlo.
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