Psicologia dei consumi di lusso tra crisi varie e vergogna sociale

“Guerre, crisi, inflazione, cambiamenti climatici: tutto influenza la moda. Anche il clima politico, a livello globale, fa sì che le persone inizino a vestirsi più modestamente”. La psicologia dei consumi di lusso è sempre più di attualità, come ci spiegano Dawnn Karen e Carolyn Mair

di Massimiliano Viti

 

I consumi fashion stanno sperimentando le conseguenze del crescente ruolo di un approccio psicologico rispetto all’atto dell’acquisto. Succede da sempre, ma forse mai con l’intensità attuale. Non è un caso che due delle più recenti e destabilizzanti tendenze di consumo, nascano proprio da un orizzonte di azione che parte dalla psicologia di chi compra. È il caso del “luxury shame” cinese. Le persone benestanti, a Pechino e nelle altre metropoli, sono giudicate se mostrano in pubblico la propria agiatezza economica. L’obiettivo è scatenare nei loro confronti un’ondata di “vergogna sociale”, costringendole psicologicamente a non acquistare il lusso occidentale, orientandosi su marchi nazionali. Un altro esempio è la tendenza del “quiet luxury,” non urlato ma discreto, senza loghi in bella vista. In entrambi i casi, non conta il portafoglio: determinante è influenzare psicologicamente chi quel portafoglio lo gestisce.

Tra crisi varie e vergogna sociale

“Guerre, crisi, inflazione, cambiamenti climatici: tutto influenza la moda. Anche il clima politico, a livello globale, fa sì che le persone inizino a vestirsi più modestamente”, afferma Dawnn Karen, fondatrice di The Fashion Psychology Field e del Fashion Psychology Institute. “La gente è consapevole di non poter controllare ciò che sta accadendo. Ma ciò che può controllare è quello che indossa” afferma Karen che scommette sul ritorno della tendenza anni ’70, sia per gli uomini che per le donne. Una tendenza all’insegna della pace, dell’amore e della felicità.

Ricompense più intangibili

Ben più impattante sui consumi, è invece il trend per cui i consumatori ricchi hanno quasi rinunciato a premiarsi con l’acquisto di beni di lusso. Dopo decenni di crescita, i consumi del lusso hanno subito un netto rallentamento. “L’aumento dei prezzi di tali prodotti ha spostato il loro ruolo da premio a indicatore di esclusività. Molti ricchi stanno preferendo ricompense più intangibili, come le esperienze, la filantropia o l’investimento nella crescita personale, che forniscono un appagamento più profondo”, spiega la psicologa Carolyn Mair, autrice del libro di successo mondiale The Psychology of Fashion. “Il cambiamento culturale verso il minimalismo – prosegue Mair – può spiegare ulteriormente questa tendenza, in quanto l’ostentazione della ricchezza è sempre più vista come un esempio di cattivo gusto”.

Le ragioni del “quiet luxury”

È il terreno sul quale è nato e ha prosperato il “quiet luxury”. “Da un punto di vista psicologico, indica che la persona che se lo concede è consapevole di come verrà percepito dagli altri” osserva Dawnn Karen. “Questa persona è anche consapevole dei fattori esterni come, per esempio, la guerra e la crisi.  Per evitare di avere un impatto negativo sulle persone, si concede un lusso tranquillo” insiste Karen.

Fattore anagrafico

L’equilibrio di una persona matura in un ambiente schizofrenico non può essere quello di un giovane, che ha un approccio diverso di fronte all’acquisto di un prodotto moda. “I giovani di oggi mostrano comportamenti più esplorativi, spinti dall’abbondanza della scelta a loro disposizione e dal desiderio di novità” osserva Carolyn Mair, convinta che i social media esasperino questa situazione, esponendo i consumatori più giovani a una costante proposta di nuovi marchi e tendenze. Tutto ciò “favorisce una cultura di rapida sperimentazione piuttosto che di fedeltà. Le generazioni precedenti avevano maggiore fedeltà ai marchi. Avevano una scelta più limitata e una maggiore percezione del marchio come investimento affidabile e a lungo termine” precisa Mair.

Il momento della pelle

A guardare le passerelle, le prime file delle sfilate, i look preferiti dalle celebrità, ma anche l’outfit della strada, sembra un momento d’oro per la pelle. “I legami psicologici con i diversi materiali derivano spesso dalle loro qualità tattili, dalle associazioni culturali e dalle esperienze personali. La pelle è spesso associata a qualità come la durata, il lusso e il potere, in linea con i bisogni psicologici di status e controllo” osserva Mair. In altre parole, ogni materiale è associato a una percezione. Il pizzo a delicatezza, eleganza e romanticismo.  Il cotone emana comfort, semplicità e praticità. Il velluto richiama lusso e opulenza. Non solo.

Dopamine dressing

Nel libro Dress Your Best Life, Dawnn Karen espone la teoria chiamata “dopamine dressing”, ovvero “sentirsi meglio con ciò che si indossa”. “Le persone potrebbero dire che un colore più acceso le fa sentire bene, ma potrebbero anche dire che le paillettes le fanno sentire bene o la pelle o i pois o altro. Per cui anche i materiali, così come i modelli e i colori, rappresentano un modo per sentirsi meglio. E devo dire che di tanto in tanto anche io indosso la pelle per vestirmi di dopamina” conclude Karen.

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