L’appropriazione culturale è il risultato finale di un fenomeno che non riguarda solo la moda. Ha radici molto più profonde a livello culturale, con aspetti storici e sociali. E, in una certa maniera, è inevitabile. A spiegarcelo è Benedetta Morsiani, ricercatrice della Brunel University London
di Massimiliano Viti
Il problema dell’appropriazione culturale non riguarda solo il brand della moda che trae ispirazione (o forse scopiazza) da un prodotto che fa parte dell’identità culturale di una popolazione spesso minoritaria. È il risultato finale di un fenomeno che ha radici molto più profonde a livello culturale, con aspetti storici e sociali. Ecco perché.
Il problema dell’appropriazione culturale
“Il concetto di appropriazione culturale generalmente descrive l’atto attraverso il quale le specificità di una determinata cultura (per esempio: simboli, manufatti, generi, rituali o tecnologie) vengono utilizzate da membri di un’altra cultura. In un mondo postmoderno, postcoloniale e globalizzato, con le culture costantemente in contatto tra loro, l’appropriazione culturale rappresenta un processo inevitabile. Il vero problema è che spesso questo processo include l’assimilazione, lo sfruttamento, la sopravvivenza e la resistenza delle culture socialmente emarginate nei confronti di culture più dominanti. Ciò avviene anche all’interno dell’industria della moda occidentale, che ha spesso attinto e tratto vantaggio da culture non occidentali o minoritarie”.
Linea di confine fluida
A dare questa definizione di appropriazione culturale è Benedetta Morsiani, Leverhulme Research Fellow presso il Dipartimento di Social and Political Sciences della Brunel University London. Morsiani crede che la linea di confine tra “apprezzamento culturale” e “appropriazione culturale” sia fluida, soprattutto in contesti fashion, molto spesso politicamente sensibili. “È difficile, e forse impossibile, definirla con precisione, o stabilire chi abbia l’autorità per farlo. Tuttavia, credo profondamente che siano proprio i gruppi minoritari a dover avere la voce principale nel determinare ciò che è appropriato dire o fare in relazione alle proprie culture. Ciò che è chiaramente inappropriato sono le immagini che perpetuano rappresentazioni denigranti o stereotipate delle minoranze non occidentali. Il vero problema di tali rappresentazioni è la banalizzazione della storia di denigrazione e sfruttamento subita da questi gruppi”.
Sfruttare specificità culturali
A essere accusati di appropriazione culturale sono quasi sempre i marchi occidentali del lusso. Questo accade perché sono “a tutti gli effetti i principali sfruttatori di determinate specificità culturali, per esempio simboli e materiali, originariamente appartenenti a culture non occidentali”. Ciò solleva diversi problemi. Quello etico, poiché molto spesso il mondo della moda non si preoccupa di riconoscere apertamente la provenienza di queste specificità culturali. Quello simbolico e di rappresentazione culturale. Indumenti e stili storicamente considerati diffamatori se indossati da determinati individui, ad esempio la felpa con cappuccio e la pettinatura dreadlocks su un individuo afrodiscendente, spesso assumono significati elogiativi quando indossati in passerella da modelli di razza bianca. Infine, c’è il fattore economico di sfruttamento, in quanto la moda del lusso spesso non si occupa di reinvestire gli alti profitti a beneficio delle diverse società che hanno rappresentato la fonte d’ispirazione. “Tutto ciò – chiarisce Morsiani – non fa altro che rappresentare una nuova forma di egemonia culturale ed economica dell’Occidente nei confronti di popolazioni con una eredità culturale non occidentale”.
Inconsapevoli, fino a un certo punto
La ricercatrice è scettica nel credere che i brand della moda siano totalmente inconsapevoli di incorrere in problemi di appropriazione culturale. È più incline a pensare che esista una consapevolezza, ma siccome non genera profitto, la discussione non è presa seriamente. “Nonostante i casi di appropriazione culturale continuino a esistere, credo che il campo della moda si trovi ora inevitabilmente obbligato a rivalutare la propria responsabilità economica, culturale e morale”.
La cultura diventa un fenomeno relazionale
Morciani non condivide il termine “apprezzamento culturale”. Lo sostituirebbe con la parola “transculturazione” che “mette in discussione l’idea stessa di cultura come entità statica. La transculturazione presuppone che la cultura possa costituirsi attraverso atti di appropriazione provenienti da e diretti a più culture, avendo l’ibridazione come sua caratteristica essenziale”. In questo modo, la cultura diventa un fenomeno relazionale, un processo continuo ed evolutivo di assorbimento e trasformazione. “L’unico modo possibile per superare il dibattito sull’appropriazione culturale – conclude Morciani – è che la moda acquisisca la consapevolezza di cosa significhi transculturazione. Pertanto, diventa fondamentale che la moda dichiari con la massima trasparenza la provenienza del proprio prestito creativo. Poi: che conduca ricerche approfondite sulle simbologie ed i bagagli politico-culturali di ciascun indumento ed immagine prodotta. Infine, che reinvesta almeno parte dei profitti a favore delle popolazioni che hanno rappresentato la fonte d’ispirazione”.