Dal 2001 a oggi, abbiamo vissuto 25 anni di crisi globali drammatiche, interconnesse e capaci – come nel caso di Covid – di bloccare il mondo intero. Ogni volta ci siamo rialzati illudendoci di essere cambiati, secondo alcuni sviluppando la dote della resilienza. E se invece ci fossimo tristemente abituati a vivere in una tempesta senza fine?
di Massimiliano Viti
“Il mondo va sempre più velocemente” è una delle frasi più comuni che ascoltiamo. Perché è sempre più frenetico e siamo bombardati da notizie, notifiche, contenuti. Perché la società moderna premia la velocità, l’efficienza, il multitasking. Va velocemente anche per il ritmo col quale sta evolvendo la tecnologia. Anche i cambiamenti climatici sembrano aver drammaticamente accelerato il loro corso. Paradossalmente, negli ultimi 25 anni anche gli eventi negativi e catastrofici di portata planetaria sembrano susseguirsi allo stesso ritmo, quasi come fossero parte di un’unica tempesta senza fine. Tempesta tutt’ora in corso. Riusciremo a rialzarci anche questa volta?
Tempesta senza fine
Ognuno di questi eventi ha dato l’impressione di essere il peggiore della storia e come tale è stato affrontato. Crisi che hanno ghiacciato l’economia mondiale, la società, i consumi e le imprese, anche quelle più piccole. Eventi shock come l’attentato alle Torri Gemelle di New York (settembre 2001) o la crisi pandemica di Covid-19 (2020-2021) finiranno sui libri di storia perché hanno messo alla prova tutta la popolazione mondiale. Senza che la prova fosse definitivamente superata, si è presentata subito un’altra emergenza, l’ennesima. Potremmo citare la crisi finanziaria del 2008-2009 innescata dal fallimento di Lehman Brothers, gli attentati terroristici in Europa, le varie – sempre più folli e infinite – guerre, Brexit, gli shock energetici. Senza dimenticare le catastrofi locali: alluvioni, terremoti e altri fenomeni naturali (e non) che hanno colpito determinati territori. L’ultimo schiaffone è la guerra dei dazi scatenata dal (non) nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump. L’incertezza che sta causando (con consapevolezza) è la principale nemica dell’economia e dei consumi.
Come sopravvivere
In questi 25 anni (2001-2025), per far fronte alle numerose emergenze, persone e aziende sono diventate, per necessità, resilienti. Un termine, non a caso, riscoperto in questi anni. Ciò comporta, materialmente, una ridistribuzione delle spese dei consumatori, in vista di un possibile e ulteriore deterioramento della situazione, che penalizza quelle voluttuarie. Per esempio: gli acquisti di moda. Anche il lusso – come stiamo scoprendo da lunghi mesi – non è immune a tutto questo sconquasso. Sarebbe stato più semplice prendere contromisure se la velocità degli accadimenti non avesse portato alla sovrapposizione delle loro conseguenze economiche, creando un cocktail dal gusto particolarmente indigesto. In altre parole, i dazi USA sono arrivati in un momento in cui c’è ancora inflazione e i tassi di interesse sono piuttosto alti (anche se stanno diminuendo). Hanno scombinato il mercato valutario e quello energetico. Per cui le aziende sono chiamate a dare più risposte su più fronti. In generale, sono state costrette a prendere contromisure giocando in difesa e ottimizzando i costi (anche, purtroppo, con licenziamenti) e diluendo gli investimenti.
Conseguenze al consumo
Anche i consumatori si sono allenati a reagire e a prendere le contromosse alle emergenze. In alcuni casi sorprendendo i mercati. Prendiamo l’esempio del post Covid. Se c’erano due certezze durante la pandemia erano che il fast fashion sarebbe entrato in una profonda crisi, di pari passo a quella della loro supply chain. Poi, che le vendite digitali avrebbero presto soppiantato i negozi fisici, ormai obsoleti. Ebbene, oggi ci ritroviamo con il fast fashion che va meglio del lusso e con i player dell’online in crisi. L’alta gamma, dopo un periodo di boom, si è bruscamente fermata cogliendo di sorpresa griffe e fornitori che avevano over-prodotto per far fronte alle richieste. La filiera è andata in tilt e sta ancora cercando di riprendersi.
Tutto come prima o tutto diverso da prima?
Ma quando si riprenderanno, il mercato e il mondo torneranno come prima o saranno cambiati? Sarà la fine della globalizzazione come paventano in molti? A ogni evento catastrofico passato, in molti presagivano cambiamenti epocali nel modo di pensare, di consumare, nei ritmi di vita. Dopo 5 anni, possiamo dire che la pandemia ci ha cambiati meno di quanto avevamo ipotizzato. Ci siamo abituati alle videochiamate e lo smart working pareva potesse stravolgere dinamiche professionali e sociali. Ma poi? Tra le 5 parole più cliccate su Google nel 2024 – in varie categorie – non ce n’è una riconducibile al Covid. Ma nemmeno alla guerra tra Russia e Ucraina o ad altri eventi tragici come il conflitto nella striscia di Gaza. Sarà perché – più che essere resilienti – ormai siamo tristemente abituati alle disgrazie?
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