Fondazioni di moda o moda delle fondazioni? Il caso Prada

Quelle che dieci anni fa erano solo un megafono per i brand, oggi sono il place to be per comprendere come moda e arte si relazionano. Le fondazioni di moda sono ormai più di un semplice contenitore per tramandare l’eredità di un marchio, come dimostra l’esperienza progettuale della Fondazione Prada a Milano

di Domenico Casoria

 

Appendici naturali dell’archivio, le fondazioni di moda sono ormai più di un semplice contenitore per tramandare l’eredità di un marchio. E se, certe volte, i musei sono ancora restii ad accogliere la “figlia minore” tra le discipline artistiche, proprio la moda ha scelto di creare i suoi spazi o di farsi luogo per l’arte. Questa volta, però, mettendosi in una posizione dominante. O almeno attendista.

Place to be

Quelle che dieci anni fa erano solo un megafono per i brand, oggi sono il place to be per comprendere come moda e arte si relazionano. Negli ultimi anni le fondazioni si sono trasformate da archivi in cui conservare abiti e bozzetti, a contenitori in cui tessere il legame tra il marchio e l’arte. Fondazione Prada, che ha fatto scuola per l’approccio strutturale, è stata fondata come progetto nel 1993, presieduta da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli. Ha aperto le porte della sua sede milanese nel maggio del 2015 e da quel momento è diventata il punto di riferimento per artisti da ogni parte del mondo.

L’unicum della Fondazione Prada

Fin dall’apertura di Fondazione Prada, si è subito capito che il rapporto tra la moda e le altre pratiche artistiche sarebbe cambiato. La fondazione, infatti, non è né un archivio né un museo. È uno spazio per affrontare l’indagine della cultura umana nella sua varietà e complessità. Un laboratorio in cui interrogarsi su come la ricerca artistica e intellettuale incida sulla vita delle persone. Progettata dallo Studio OMA guidato da Rem Koolhaas, riflette proprio questa moltitudine di stimoli. La struttura (ex distilleria della Società Italiana Spiriti) rispecchia l’attitudine alla multidisciplinarità. Il programma della sede di Milano – perché, nel frattempo, è stata aperta anche una sede a Venezia – prevede mostre d’arte e archeologia, convegni scientifici, eventi musicali, performance di danza, installazioni permanenti e non.

Creare dinamiche partecipative

Uno degli obiettivi di Fondazione Prada è creare dinamiche partecipative. Come nel caso di For My Best Family, opera site-specific di Meriem Bennani, in calendario dal 31 ottobre al 24 febbraio 2025. Nell’opera, l’artista indaga la dimensione sociale e culturale della convivenza, gli aspetti più intimi e complessi dell’identità di ognuno di noi, e il dialogo tra individuo e collettività. I lavori dell’artista, nata a Rabat, si soffermano sul grado di contraddizioni che oggi permea la contemporaneità. Per Fondazione Prada, Bennani ha dato vita all’installazione Sole Crushing, un’orchestra di 192 ciabatte e infradito che, animate da un sistema pneumatico, danno vita a una ripetizione di suoni in sincronia o disordinati. L’altra metà dell’opera è il film For Aicha, in 3D, che segue le vicende di una giovane regista marocchina dalle sembianze di uno sciacallo e il suo rapporto con la madre.

Perché non è un museo

L’approdo di Meriem Bennai in Fondazione Prada dimostra la direzione che la griffe vuole intraprendere. Le infradito – tanto utilizzate da Bennani – sono forse l’ultimo retaggio della cultura dello street style che ha conquistato anche le passerelle dei brand di lusso, Prada compresa. Questo può sembrare strano, ma è una potente connessione che lega due industrie culturali diverse. Fondazione Prada non è solo un museo in cui esporre opere o manichini addobbati. È a tutti gli effetti uno spazio in cui scendere a compromessi e mettere in discussione abiti e corpo: è quanto di più lontano, oggi, da un posto avviluppato su sé stesso.

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