Quando tutti comprano tutti: guida ragionata alla mergermania

Nessun elenco, ma tre fattori di riflessione che ci permettono di dare senso alla mergermania in corso. Dalla new entry che cerca di rompere tutti gli equilibri creando un nuovo conglomerato del lusso alla conceria che rinnova la sua sfida al mercato. Passando per chi, in modo inatteso, continua a rimanere nell’ombra

Il momento è tale, nella sua frenesia, che provare a fare l’elenco di tutte le operazioni di merger degli ultimi mesi (e settimane) risulta quasi inutile. Sul tema, potete trovare una lunga e aggiornata fila di notizie cliccando qui. Tenendo ben presente la possibilità che, tra la scrittura di queste righe e la vostra lettura, di acquisizioni ce ne siano state altre. Ecco allora che, nel momento in cui tutti comprano tutti e la mergermania impazza, vale la pena di rallentare, focalizzando l’attenzione su pochi, significativi fattori. Ne abbiamo individuati tre.

1 – Così gioca una new entry

Exor è la finanziaria della famiglia Agnelli, la quale, da qualche mese si è posta nel ruolo di new entry del fashion luxury. Lo ha fatto piazzando due colpi di un certo livello e incassando, per ora, un rifiuto piuttosto eccellente. L’esordio porta la data di dicembre 2020, quando, per 80 milioni di euro, rileva la maggioranza di Shang Xia, griffe del lusso made in China avviata da Hermès (che è rimasto tra gli azionisti). Il bis arriva a marzo 2021. Investendo 541 milioni di euro, Exor si assicura il 24% della griffe Christian Louboutin. Il terzo colpo, almeno per ora, va, però, a vuoto. A inizio luglio, infatti, Armani pare abbia rispedito al mittente le avance di Exor che aveva in animo di annettersi la griffe di Re Giorgio per costruire un conglomerato del lusso ancorato attorno a Ferrari. Brand, quest’ultimo, che è diventato molto più di una casa automobilistica e a giugno ha portato in passerella la sua prima collezione.

2 – Il convitato di pietra

Facile indovinare chi è: Kering. Il lusso si attende da mesi una sua risposta all’operazione del secolo che ha visto LVMH acquisire Tiffany. Attesa vana. Il conglomerato guidato dalla famiglia Pinault è ancora spettatore nella mergermania che si è scatenata negli ultimi tempi. Secondo i rumors, qualche tentativo lo avrebbe pure fatto: Richemont, Ralph Lauren, Dolce & Gabbana. Il tutto, nella necessità rilevata dagli analisti che il gruppo francese avrebbe bisogno di un “secondo Gucci”. Per ora, niente da fare. Così, ora che Burberry ha annunciato l’imminente addio del suo CEO, Marco Gobbetti (che a fine anno assumerà la stessa carica da Salvatore Ferragamo), gli operatori del mercato hanno (ri)cominciato a ipotizzare che la preda prescelta di Kering sia proprio il brand inglese il cui acquisto, secondo il portale cinese Ladymax, richiederebbe un investimento di poco inferiore agli 8 miliardi di sterline.

3 – Vedi alla voce “pelle”

Anche il settore conciario, tra 2020 e 2021, ha vissuto (e vive) un particolare fermento in tema di M&A. La riprova più eclatante sta nel percorso della conceria veneta Pasubio, leader del segmento automotive di fascia alta, dal 2017 di proprietà del fondo inglese CVC Capital Partners. A fine giugno l’azienda guidata dai fratelli Luca e Alberto Pretto è passata al francese PAI Partners per una cifra non comunicata. Un’operazione attesa che apre, per la conceria vicentina, un nuovo round di crescita. Quel che va notato è che la notizia del passaggio a PAI è arrivata poche ore dopo che la stessa Pasubio aveva annunciato, a sua volta, un’acquisizione. Quella della conceria tedesca Hewa Leather, specializzata nella produzione di pelle per la fascia premium luxury nei settori automotive e yachting. Clienti di riferimento: Rolls Royce insieme a BMW e AUDI per le serie ultralusso/extrasportive. Prospettive: “Rafforzare ulteriormente la nostra leadership nella fascia più prestigiosa del mercato della pelle per automobili”. La mergermania è servita.

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