Un colpo al cerchio e uno alla botte: la strategia di Balenciaga

Sembra un esercizio al limite della provocazione. Invece è una strategia ben studiata. Demna Gvasalia, direttore creativo di Balenciaga, ha lanciato sul mercato una serie di oggetti che a molti sembrano “fesserie”, ma che sono diventati nel corso degli anni feticci e simboli da indossare. Perché lo fa?

di Domenico Casoria

 

Quello che sembra un esercizio al limite della provocazione, è invece una strategia fatta e finita. Parliamo di Demna Gvasalia, direttore creativo di Balenciaga, che dal 2015, da quando si è insediato, ha lanciato sul mercato una serie di oggetti che i più educati chiamerebbero “fesserie”, ma che sono diventati nel corso degli anni feticci da avere, simboli da indossare, valvole di sfogo di chi si strappa le vesti al grido di “dove è finito il Balenciaga degli anni ’50?”.

La strategia di Balenciaga

In ordine (e non li elenchiamo tutti perché sono troppi) Demna ha lanciato una borsa a forma di busta di patatine, una gonna-asciugamano alla modica cifra di 1.000 dollari andata subito sold out (quante ne avranno prodotte?) e un bracciale ricavato da un rotolo di scotch. Per finire, qualche settimana fa, è arrivata la Zero Shoes, una scarpa che della scarpa ha solo la suola. Nessuna tomaia a ricoprire il piede. Abile mossa per far parlare di sé o un tentativo di esplorare il rinnovato desiderio di contatto con la natura? Chi lo sa. Quello che, invece, è ormai chiaro è che Demna ha scelto una strategia chiara, che segue più o meno quella del famoso generale e filosofo cinese Sun Tzu, autore di “L’arte della guerra”. In sette punti vi spieghiamo perché.

Punto 1

Lungi dal voler utilizzare termini impropri, quella portata avanti da Demna è una pianificazione che si avvicina alla tattica militare.

Primo: Inizia solo le battaglie che sai di poter vincere, che vuol dire, più o meno, vediamo che c’è sul mercato e facciamo qualcosa di diverso. Va detto che nel 2015, quando Demna è arrivato da Balenciaga, la creatività era il pane quotidiano, ma qualche crepa già si intravedeva. Basta vedere come siamo messi adesso. A comporre la rosa di designer che certo non si rifugiavano in basici maglioni a collo alto color cachi, c’erano Alessandro Michele e il suo rivoluzionario Gucci, John Galliano che si riaffacciava sulla scena, Maria Grazia Chiuri che imprimeva una sterzata femminista a Dior lasciando zoppo Valentino. C’era quindi un sovraffollamento e Demna – che con la sua cifra negli anni ha rivoluzionato il marchio fondato da Cristóbal Balenciaga, esagerando (seppur tenendole) le forme classiche – ha capito dove infilarsi.

Punto 2

Secondo: il modo migliore di vincere è non battersi. Per questo basta vedere l’hype che i prodotti di Balenciaga continuano a generare sui social. È un lavoro che fanno gli altri. Sono gli affezionati dei social a scatenare la rissa. Quelli che litigano a suon di “ma che è? Ma i problemi reali?”. Balenciaga osserva e incassa.

Punto 3

Terzo: scegli con attenzione il momento più adatto per agire. Più o meno in corrispondenza di ogni momento di stasi della moda, Demna tira fuori dal cilindro qualcosa. Le Zero Shoes, basse e con le suole ultraleggere in EVA 3D, arrivano nel momento di massima crisi del sistema moda. Creatività ai minimi storici e appiattimento generale. Ed ecco che sbucano fuori delle scarpe-paradosso immettibili, ma che riaccendono il dibattito.

Punto 4

Quarto: pianifica strategicamente le tue azioni. Questa potrebbe essere l’unica deviazione che non conferma la regola. Tutti ci ricordiamo delle critiche feroci che sono seguite alla campagna dei bambini che tenevano in mano i peluche sadomaso. Levate di scudi da parte di associazioni e addetti ai lavori. La questione terminò con le scuse della maison, degli stylist e pure di Demna. Ma siamo sicuri che fu un errore? Insomma, a certi livelli, certe cose di solito non sfuggono.

Punto 5

Quinto: il cambiamento è fonte di opportunità. Anche questo sembra un paradosso. Non possiamo dire che Demna non ci abbia abituato al cambiamento. Riflettendoci, il suo modo di concepire la moda si è evoluto nel tempo. Da giovane designer fortemente influenzato dall’estetica brutalista del suo paese natale, la Georgia, Demna ha saputo adattarsi, quantomeno costruendo narrazioni che spingono a riflettere intorno a quegli oggetti tipici del capitalismo (un i-Phone rotto, per esempio) con cui non era cresciuto e che culturalmente non gli appartenevano, provenendo da un ex repubblica sovietica.

Punto 6

Sesto: identifica le tue forze ed i tuoi punti deboli. Nei dieci anni di direzione creativa, Demna ha saputo costruirsi il suo spazio, il suo giro di celebrità, la sua fetta di audience. Non è certo il brand ammiraglio di Kering e non lo diventerà a breve. Ma la strategia ha funzionato, perché ha saputo introiettare tutti i codici di Balenciaga. Demna è sempre stato certo che la sua linea di moda per Balenciaga non avrebbe fatto centro, perché difficile da portare, per pochi. Così ha giocato in attacco. Ha costruito un’atmosfera, facendo quello che pochi altri avevano già fatto. Ha restituito agli abiti (e agli accessori) quel ruolo di critica sociale che da sempre hanno avuto. Dalla denuncia all’attacco russo nei confronti dell’Ucraina, fino proprio alla critica generalizzata del sistema moda.

Punto 7

Settimo: scegli con cura i membri del tuo team e guidali verso il successo. Il marito di Demna, Loïk Gomez in arte BFRND, è l’artefice delle colonne sonore che durante le sfilate costruiscono l’immaginario distopico di Balenciaga. Lotta Volkova, la stylist più affermata del momento – responsabile, in parte, anche del successo di Miu Miu – è una sua stretta amica e collabora con lui da sempre. Insomma, una comunione di intenti che ha trasformato Balenciaga nel brand che oggi conosciamo.

Conclusioni

Alla fine di tutto, viene da chiedersi se tutto ciò abbia davvero funzionato. Perché Demna ha attraversato tempeste, è stato sull’orlo di una catastrofe, ma è ancora lì, da quasi dieci anni. Alla luce dello schizofrenico giro di nomine in corso da mesi, parliamo quasi di un’era geologica. La risposta, almeno per ora, è sì.

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