Il viaggio di Alessandro Michele nell’archivio di Valentino

Mentre lo stilista, subentrato a Pierpaolo Piccioli alla direzione creativa di Valentino, stava per condividere online (e a sorpresa) la sua prima collezione Resort, abbiamo visitato l’archivio romano della maison. Qui abbiamo scoperto che tra Michele e lo stile Valentino ci sono più punti di contatto del previsto

di Domenico Casoria

 

Da pochi mesi Alessandro Michele è il nuovo direttore creativo di Valentino. La nomina ha immediatamente generato una serie di domande (lecite) alle quali il designer ha risposto con la sua prima collezione. Una Resort condivisa online, in modo piuttosto atipico, a poche ore dall’uscita in passerella a Milano (il 17 giugno) della collezione maschile di Gucci. Nulla di casuale, viene facile pensare. Ma il tema di questo articolo non è il possibile sottotesto provocatorio di questa scelta. Ci interessa altro. Cioè: come si legano l’approccio massimalista e iperdecorato tipico del lavoro di Alessandro Michele con le linee semplici (solo all’apparenza) di uno dei marchi considerato il simbolo di una certa moda? La risposta ha a che fare con l’archivio.

L’archivio di Valentino

Parliamo di quello presente in Piazza Mignanelli, al centro di Roma, dove la maison conserva una parte del patrimonio culturale di Valentino. Solo una parte, perché parliamo di circa 8.000 abiti, 11.000 accessori e una serie sterminata di bozzetti e disegni che delineano la storia di un marchio che dal 1959 riesce a trasformare gli abiti in poesia, unendo fluidità ed eleganza. L’archivio di Valentino non è strutturato in ordine cronologico, ma il primo abito è emblematico. Parliamo di un abito rosso della collezione Haute Couture Primavera/Estate 1959, in chiffon ondulato e decorato con una serie di rose rosse nello stesso materiale. Perché è importante partire da qui? Perché è la perfetta sintesi tra la pulizia delle linee tipica di Valentino e un decorativismo che, però, si nasconde nei dettagli. Non solo rosso – colore che ha consacrato Valentino alla storia -, ma un viaggio nel DNA del marchio.

Stampe lussureggianti

Alcuni abiti degli anni ’80 mettono in luce l’uso che Valentino Garavani faceva delle stampe, lussureggianti, ben impresse sugli abiti. Non solo fiori, ma anche dragoni, rombi, richiami all’artista viennese Josef Hoffmann o agli azulejos. Proprio i richiami a questi azulejos campeggiano su un abito color avorio della collezione Haute Couture Primavera/Estate 1998 dipinto a mano e, proprio per questo motivo, non può essere lavato o trattato. È un abito che rimane fermo nel tempo, legato a un destino tutto suo, e che in un certo senso coniuga innovazione ed eleganza alla vecchia maniera.

Il viaggio di Alessandro Michele

Non è un caso, quindi, che, per preparare la sua prima sfilata, pare che Alessandro Michele abbia passato una buona parte del suo tempo nel religioso silenzio dell’archivio della maison. Lo ha fatto proprio per comprendere come Valentino sia riuscito a fondere sintesi visiva e maestria tecnica in un perfetto esercizio di stile. Il debutto di Alessandro Michele era previsto per settembre, ma il designer ha deciso di presentare una collezione Resort a giugno. Spoiler: oltre a spiazzare il mondo della moda, Michele ha attinto dagli anni ’60 e ’70 degli archivi della maison, rispolverando lo stile degli esordi di Valentino: romantico, abbondante, a tratti decadente. Senza ovviamente rinunciare al suo tocco massimalista, decorativo, pieno di riferimenti. Molto del lavoro di Alessandro Michele passerà inevitabilmente dall’heritage che sembra distante dal suo modo di fare, ma che è, invece, perfettamente in linea. Un patrimonio che ha scelto di plasmare sulla contemporaneità. Funzionerà?

Leggi anche:

 

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER