Non confondiamolo con il “riciclo”. L’upcycling e la sua potenziale nuova normalità sono sinonimi della volontà di ridare valore alla materia prima, a un indumento, a un accessorio per produrre qualcosa di esclusivo e unico. Un’idea per certi versi vecchia, che oggi, anche grazie alla pandemia, ha subìto una sostanziale accelerazione
Upcycling, moda transitoria o nuova normalità? Oggi dovunque ti volti, scopri progetti che raccolgono e riutilizzano gli scarti della moda e della sua filiera produttiva in quello che il marketing ha battezzato come upcycling. La storia inizia da lontanissimo, se si pensa che la pelle è, da sempre, il recupero del rifiuto di un’altra industria, quella alimentare. E in tempi recenti e non sospetti, ha trovato tra i primi protagonisti gli svizzeri di Freitag. I quali, con le loro borse confezionate (in pezzi unici) recuperando i teloni dismessi dei TIR sono finiti pure al MOMA di New York. Mentre oggi, in virtù dell’idea di assoluta circolarità del progetto, hanno deciso di recuperare i materiali delle loro borse per farle tornare a essere teloni per i camion.
L’upcycling è una nuova normalità?
Cosa si intende per upcycling? Non è sinonimo di riciclo. Riciclare vuol dire dare una seconda vita a un indumento: l’upcycling, invece, è ridare valore alla materia prima o all’indumento per produrre un nuovo accessorio di qualità. La differenza principale è che l’upcycling attiva un nuovo ciclo produttivo, che spesso è più lungo rispetto a quello di un nuovo prodotto. In pratica, anche se il termine è anglofono e marketing oriented, è quel che per decenni hanno fatto le nonne, trasformando vecchi maglioni in sciarpe o cappelli.
Il booster di Covid
Su tutto ciò, la pandemia ha svolto un ruolo di acceleratore. Ha spinto i designer a considerare i materiali che avevano a disposizione senza cercarne di nuovi. Ha generato inventari in eccesso che con l’upcycling le griffe hanno trovato il modo di ridurre, trovando un mercato più ricettivo, formato da Millennials e Generazione Z. Che stanno facendo sembrare cool questa tendenza. L’upcycling, infatti, offre il vantaggio della esclusività. In altre parole: dagli scarti e dai resi di prodotti di massa e identici, si producono articoli esclusivi, unici, diversi l’uno dall’altro.
Solo una goccia nel mare?
Seppur in crescita, il mercato dell’upcycling appare ancora una goccia nell’oceano dei consumi perché spesso, spiegano gli addetti ai lavori, un prodotto che nasce sotto questa filosofia viene acquistato in aggiunta agli “originali”. Ma è pur vero che è difficile per i marchi e i rivenditori considerare questo fenomeno solo come una tendenza passeggera. Ma per avere un peso nel mondo della moda l’upcycling dovrà essere la “nuova normalità”. Il riutilizzo di materiali già esistenti, dunque, ha le carte in regola per diventare una pratica comune. (mv)
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