A Cuzco, sulle Ande peruviane, Passeri promuove una visione della scarpa ben distante da qualsiasi logica fast fashion. “Con ogni scarpa che vendiamo, non solo condividiamo un pezzo d’arte, ma assicuriamo anche che queste storie continuino per generazioni”, dice la fondatrice, Luciana (Anna) Passeri. Anche questa è sostenibilità
Luciana (Anna) Passeri ha voluto esplorare a fondo la propria spiritualità vivendo per un mese nella foresta amazzonica del Perù, senza acqua corrente e senza elettricità. Il quartultimo giorno di permanenza, si è imbattuta in un serpente corallo. Fortunatamente è riuscita ad evitare il morso mortale dell’animale. L’incontro si è ripetuto nelle notti successive, ma non era reale. Era un sogno, dal quale Luciana ha tratto ispirazione per fondare, subito dopo, nel 2019, il marchio di scarpe slow fashion Passeri e lanciare una vera e propria sfida educativa.
Arte da indossare
La produzione avviene a Cuzco, una città situata sulle Ande peruviane, che in passato è stata la capitale dell’impero inca. È su queste montagne che Passeri acquista tutti i tessuti che utilizza, rivolgendosi a una delle quattro famiglie Quechua residenti nella zona. Sono tessuti realizzati sui tradizionali telai a pedali peruviani. “I tessitori non si limitano a creare modelli. Intrecciano le loro tradizioni e le loro storie nei tessuti, che poi i nostri calzolai trasformano in scarpe. Con ogni scarpa che vendiamo, non solo condividiamo un pezzo d’arte, ma assicuriamo anche che queste storie continuino per generazioni” racconta Luciana Passeri. L’imprenditrice, che ha il nonno originario di Costacciaro, un piccolo comune in provincia di Perugia, diventa, così, una perfetta espressione della corrente di pensiero slow fashion, realizzando prodotti che lei stessa definisce “arte da indossare“.
La sfida educativa di Passeri
“La sfida principale che stiamo affrontando è quella di educare gli altri all’importanza della slow fashion. I prodotti fatti a mano, specialmente quelli come i nostri che includono anche la tessitura artigianale, spesso non sono apprezzati in un mondo che vuole cose economiche e veloci” spiega Luciana. “Quando chiediamo alle persone: Sai chi ha fatto le tue scarpe? in genere fanno spallucce e dicono: Credo di no. Oppure: Non ci ho mai pensato. Alcuni fanno anche una risata e dicono: Non mi importa. O: Non credo di volerlo sapere“. Si tratta di una disconnessione dalla realtà da parte dei consumatori che può avere gravi conseguenze per i lavoratori e per il pianeta. Noi, desideriamo essere l’antidoto a un mondo che tende a promuovere la ricerca della ricchezza per avere di più. Ma che, così facendo, diventa una minaccia alla nostra naturale capacità di prosperare e vivere al meglio”.
Se lo conosci, lo eviti
“Quando con mio marito abbiamo raggiunto una profonda consapevolezza delle storie che ci sono dietro i cartellini dei prezzi del fast fashion, abbiamo iniziato a modificare i nostri modelli di acquisto per sostenere le attività commerciali locali e la slow fashion quando possibile” osserva Luciana. Per Passeri, quindi, ogni acquisto è più di una semplice transazione. È un impegno verso pratiche sostenibili, salari equi e la perpetuazione dell’arte indigena. “Poter sostenere il popolo Quechua, che desidera vivere la propria vita attraverso l’antica tradizione della tessitura, è un dono. Negli ultimi decenni molti giovani Quechua non hanno voluto imparare la tradizione familiare della tessitura a causa della difficoltà ad ottenere un salario dignitoso. Stiamo lavorando per riscrivere questa storia e far sapere ai giovani artigiani che saremo al loro fianco per sostenerli” afferma Luciana. Le buone intenzioni, per non restare tali, devono incontrare il supporto del mercato. E, almeno finora, il mercato sta premiando Passeri. Sarà la capacità di persuasione di Luciana e/o la qualità dei prodotti, ma nei primi nove mesi del 2023 l’azienda ha più che raddoppiato le vendite dell’intero anno 2022 e ha realistiche prospettive di crescita. Il tutto, restando slow. Non è poco.