Ipocrisia green: la dissonanza cognitiva dei consumi fashion

Incongruente, ipocrita e bugiardo. Davanti agli acquisti fashion, il consumatore crolla in una deriva comportamentale basata sul concetto di dissonanza cognitiva. A spiegarlo è uno studio di ModaEspaña realizzato in collaborazione con Kantar

di Massimiliano Viti

 

Chi sa che fumare danneggia la salute, ma continua a farlo, giustifica il suo comportamento pensando che “fumare aiuta a concentrarsi ed è piacevole”. Oppure esibisce l’alibi del “non è provato che il fumo faccia poi così male”. O si nasconde dietro frasi fatte del tipo: “Si vive una volta sola” e “Se si smette di fumare, si mangia di più e si ingrassa”. Un comportamento incoerente o contraddittorio che nel 1957 lo psicologo e sociologo statunitense Leon Festinger definì dissonanza cognitiva. Perché ne scriviamo? Semplice: questo discorso riguarda – purtroppo – anche i modelli di consumo fashion. Ecco perché.

Ipocrisia green

Moltissime persone, quando comprano in particolare un prodotto moda, si dichiarano attenti all’ambiente e alla sostenibilità. Poi, però, all’atto dell’acquisto, relegano in un angolo queste presunte convinzioni e scelgono soltanto in base al prezzo. Ecco anche perché alcuni colossi cinesi del super fast fashion come Shein o Temu crescono. Tutti gli studi compiuti in passato (Bain, ThredUp e Vinted) hanno ampiamente dimostrato questo fenomeno che, però, sembra non perdere forza. Anzi.

La dissonanza cognitiva dei consumi fashion

A fine maggio 2024, ModaEspaña ha presentato uno studio realizzato in collaborazione con Kantar dal titolo “Percezione, atteggiamento e consapevolezza del consumatore di moda nei confronti dell’ambiente”. Rosa Pilar López, direttrice della divisione fashion e beauty del Worldpanel di Kantar, ha usato proprio la dissonanza cognitiva per spiegare il comportamento del consumatore. Quello consapevole della sostenibilità, ma cliente di Shein. La novità dello studio è che non sono solo i giovani a comportarsi così.

Ipocrita e incongruente

Il consumatore viene definito “ipocrita, incongruente e bugiardo”. Perché – almeno 1 su 3 – si preoccupa della sostenibilità, chiede informazioni e spiegazioni sui comportamenti non etici, ma, alla fine cosa fa? Acquista in base al prezzo, che rappresenta il fattore più importante nelle decisioni di acquisto per oltre l’80% dei consumatori.

Consumatore bugiardo

Il 37% dei consumatori reclama maggiori informazioni su come vengono realizzati i capi di abbigliamento, ma solo il 13% dichiara di cercarlo veramente. Probabilmente perché non è sicuro di trovare la verità. Uno su 5, infatti, ritiene che le affermazioni riguardo la sostenibilità e il basso impatto ambientale siano unicamente delle strategie per attirare acquirenti e vendere a un prezzo più alto. Marketing in altre parole. Greenwashing. Ecco perché su questo argomento è intervenuta Bruxelles che ha vietato l’indicazione di termini generici sulla sostenibilità del prodotto in mancanza di prove concrete.

L’azienda che inizia per SH

Ángel Asensio, presidente di Moda España, ha definito il consumatore “ipocrita” e ha spiegato che, quando va nelle università, gli studenti mostrato interesse e preoccupazione per la sostenibilità nella moda. Ma quando viene chiesto loro dove fanno acquisti rispondono tutti: “Nell’azienda che inizia con SH”.

Un aspetto positivo

Un aspetto positivo che emerge dallo studio è, però, che i consumatori ora cercano capi più durevoli, anche se costano di più, poiché hanno un minor impatto ambientale. Dunque, sembrano essere disposti a spendere qualcosa in più non per una “banale idea di sostenibilità”, ma per la qualità del prodotto. Una magra consolazione, alla luce della dissonanza cognitiva che comanda ogni comportamento d’acquisto.

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