C’è un’Europa a due velocità in cammino verso il Green Deal

L’obiettivo è quello di rendere l’Unione climaticamente neutra entro il 2050, ma in Europa la situazione è molto differenziata. Lo spiegano uno studio di Confindustria e una ricerca sui consumi idrici condotta da Censuswide per Epson

di Massimiliano Viti

 

L’Unione Europea sta – da tempo e con un processo piuttosto conflittuale – cercando di guidare la transizione ecologica attraverso iniziative come il Green Deal Europeo e il Piano d’Azione per l’Economia Circolare. L’obiettivo è quello di rendere l’Unione climaticamente neutra entro il 2050, sviluppando un’economia a basse emissioni e ad alta efficienza nell’uso delle risorse. I Paesi che ne fanno parte, però, non partono tutti dallo stesso livello. Alcuni studi evidenziano che c’è un’Europa a due velocità.

Un’Europa a due velocità

I Paesi della “Vecchia Unione” (Germania, Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna e Italia) sono economicamente e tecnologicamente più sviluppati. Per questo sono consapevoli dei problemi causati dall’eccessiva produzione di rifiuti, dall’esaurimento delle risorse naturali e dall’inquinamento. Avendo adottato provvedimenti al fine di alleviare questi problemi e per questo vengono definiti come i Paesi che stanno guidando la transizione green. Viceversa, i Paesi dell’Europa orientale e centrale, meno sviluppati, viaggiano con un certo ritardo, anche a causa delle diverse strategie economiche adottate. Le due velocità dell’Europa emergono anche in una graduatoria pubblicata da Confindustria, all’interno dello studio “Sostenibilità e circolarità delle imprese italiane”.

Sostenibilità e circolarità, uno studio

Nel 2023 Francia e Regno Unito sono state le economie più sostenibili del G20 e dell’Unione Europea. Entrambi i Paesi hanno raggiunto un valore di 0,10 kg di CO₂ equivalente per dollaro di PIL. Al terzo posto figura l’Italia con 0,12, poi arriva la Germania. Gli Stati Uniti, pur essendo una delle economie più avanzate del mondo, mostrano un valore di 0,24, mentre la Cina è lontanissima: 0,51. Ultimo è il Sudafrica con 0,61.

Criteri e strategie

Uno dei criteri per migliorare e procedere con la transizione green è quello di ridurre l’uso dei materiali per la produzione. Anche qui si nota un’Europa divisa in due. L’Italia registra una produttività delle risorse pari a 3,6 euro per chilogrammo. Si dimostra più efficiente di Germania (3,0), Spagna (3,1) e Francia (3,2) e nettamente superiore alla media europea di 2,2 euro per chilogrammi. La produttività viene calcolata dividendo il PIL per l’ammontare delle risorse utilizzate. È un aspetto particolarmente importante legato alla competitività delle imprese europee, visto che nel 2023 hanno pagato prezzi del gas naturale 5 volte superiori agli USA: in media 2,54 €/MmBtu contro i 13,11 in UE. (MmBtu è l’acronimo di Million British Thermal Unit, unità di misura dell’energia: un MmBtu equivale a 28,26 metri cubi di gas naturale a temperatura e pressione definita, ndr). Non solo: hanno pagato prezzi dell’energia elettrica superiori del 158% rispetto a quelli USA.

La gestione dei rifiuti

Un altro criterio green è la gestione dei rifiuti, pilastro fondamentale del modello di economia circolare. Tra i quattro Paesi presi in esame, nel 2022 la Spagna ha prodotto 2.480 chilogrammi di rifiuti per abitante. Poi troviamo l’Italia con 3.212 kg. Numeri inferiori alla media UE (4.991), alla Francia (5.076) e alla Germania (4.604). Sempre nel 2022, l’UE ha riciclato complessivamente circa il 65,4% dei suoi rifiuti da imballaggio. In questa speciale classifica, l’Italia è la migliore con 71,9%, Spagna 69,4%, Germania 68,5% e Francia 67,2%.

L’impatto dell’economia circolare

Ma qual è l’impatto generato dall’economia circolare? Calcolarlo non è semplice, visti i numerosi aspetti del processo produttivo. Ma da un’analisi circoscritta ai settori direttamente coinvolti nell’economia circolare (riciclo, riuso, riparazioni, noleggio e leasing), il valore aggiunto prodotto da queste attività è più alto in Italia (2,7% del valore aggiunto totale nel 2021). A seguire arriva la Germania (2,4%), mentre la media europea si ferma al 2,3% rispetto alla quale Spagna e Francia fanno peggio. Domanda successiva: chi ha aumentato di più gli investimenti privati negli ultimi dieci anni (2012-2021) nell’economia circolare? La Germania, con un incremento del 61,2%. Poi Italia con 50,8%, Spagna (+46,4%) e Francia (+2,3%). La media europea è ferma al 18,5%. ,

Il consumo di acqua

Un tema particolarmente importante e impattante a livello climatico è il consumo di acqua necessario per la produzione tessile. Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo. Una ricerca condotta da Censuswide per Epson (su un campione di 8.007 intervistati) ha determinato i litri di acqua utilizzati per confezionare i prodotti contenuti all’interno del guardaroba degli abitanti di età superiore ai 16 anni in Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. I dati sono stati raccolti tra il 1° e il 7 novembre 2024. I jeans (fino a 18.000 litri d’acqua), i maglioni (14.000) e le giacche (il cui processo di tintura richiede in media oltre 3.300 litri), sono i maggiori responsabili dell’impronta idrica.

L’impronta idrica: una classifica

Per concludere, ecco la classifica dell’impronta idrica per persona: Portogallo (817.131 litri), Italia (723.744), Polonia (715.266), Germania (696.074), Spagna (678.963), Paesi Bassi (640.742), Regno Unito (634.510) e Francia (602.698).

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