C’è un solo modo per mettere in scena il lusso di Hermès: il suo

La maison francese ha messo in scena al Teatro Franco Parenti di Milano lo spettacolo Hermèstories per celebrare i suoi quasi 190 anni di vita. Lo ha fatto come solo lei può fare: stravolgendo i paradigmi ossessivo-compulsivi della contemporaneità. Il risultato? Un gioco delle parti tra il surreale e il poetico calato in un’atmosfera molto, molto francese

di Luca Fumagalli

 

Non fidatevi del titolo di questo articolo. O meglio, non fidatevi del suo essere un’evidente tautologia. Non fatelo perché stiamo parlando di Hermès che, con il progetto teatrale andato in scena a Milano lo scorso settembre, ha deciso una volta di più di ribadire qual è la dimensione più evidente della sua identità. Quella, ça va sans dire, di fare storia a sé, senza rincorrere niente e nessuno, dando tempo al tempo. Soprattutto – a livello di modalità comunicative – stravolgendo i paradigmi ossessivo-compulsivi della contemporaneità. Tutto questo è il progetto Hermèstories, proposto al Teatro Franco Parenti di Milano dall’11 al 21 settembre 2025.

Mettere in scena il lusso di Hermès

Ci siamo stati e abbiamo assistito a uno spettacolo che possiamo ben capire abbia lasciato qualcuno o deluso o insoddisfatto. A differenza della maggior parte degli spettatori che – gratuitamente, va sottolineato – hanno affollato ogni replica, lasciandosi sedurre da un modello narrativo totalmente analogico. Se si esclude la scelta – funzionale all’immersione nel mondo sonoro di Hermès – di dotare ogni persona seduta in platea di un paio di cuffie, non si è assistito ad alcun effetto speciale. Tutta “intelligenza artigianale”, definizione che non ci sembra nemmeno il caso di dover spiegare. Va spiegato, invece, il motivo per cui abbiamo scritto “mondo sonoro”. Ecco: non avrebbero quasi senso la scenografia e la recitazione delle due attrici senza la scelta della regista Pauline Bayle di riservare uno spazio in scena a “Monsieur Bruit”, un rumorista.

Stravolgere i paradigmi ossessivo-compulsivi della contemporaneità

È lui che, dal vivo, dà suono e voce a strumenti, materiali, oggetti da lavoro che arrivano dagli ateliers della maison producendo sorprendenti effetti acustici (valorizzati dall’ascolto in cuffia). Oggetti che – come spiega Pierre-Alexis Dumas, direttore artistico di Hermès – sono “i testimoni di una lunga storia fatta di pazienza, ispirazione e gesti precisi, cui si intrecciano incontri felici e aneddoti curiosi. Raccontano una maison di famiglia e le persone che la compongono, dagli artigiani al personale delle boutique, senza dimenticare i clienti. Rappresentano la parte vivace e audace della creazione, sempre attenta a reinventarsi senza mai ripetersi”. Del resto, “la creazione senza memoria non esiste” ripeteva spesso Jean-Louis Dumas: Hermèstories ne è l’allegra messa in scena”.

La storia di Lad

L’azione scenica si svolge nella boutique che, dal 1880, rappresenta il cuore di Hermès. Quella in rue du Faubourg-Saint-Honoré che ancora oggi è il quartier generale della maison. Hermèstories racconta la storia di uno scudiero di nome Lad. In altre parole, “la figura equestre iconica di Hermès, interpretata da una giovane donna. Il personaggio incarna la vivacità, la modernità e l’heritage della maison fondata nel 1837 – si legge in una nota -. Hermèstories è anche il racconto di una narratrice e dei personaggi che Lad incontra allo storico indirizzo parigino di rue du Faubourg Saint- Honoré, mentre passeggia senza meta in un tardo pomeriggio. Insieme, delineano i contorni di un mondo incantevole che si materializza sul palcoscenico”.

Morale della favola

Quello a cui abbiamo assistito è una sorta di favola fashion. Raccontata con una leggerezza a tratti felicemente straniante, vicina alle atmosfere del film Il favoloso mondo di Amélie. Altre volte ci siamo ritrovati dalle parti della visione onirica di Georges Méliès. In ogni momento, però, abbiamo avuto la certezza che Hermès abbia “coniugato il suo presente in ogni tempo”, come spiega la maison nel libretto di scena. “I personaggi danzano in un presente senza fine” in “un audace dialogo con il tempo”. Una conversazione che continua nel foyer del teatro, visitando un allestimento simil-museale che accoglie tutti gli oggetti raccontati in scena. “Quest’avventura – conclude Hermès – non sarebbe stata possibile senza i savoir-faire artigianali che danno vita alle creazioni. Dalla pelletteria, con le intramontabili borse Kelly o Birkin, fino alla seta, con i carré dai colori vivaci che richiamano le divise dei fantini alle corse dei cavalli. Tutta la diversità dei 16 métier della maison è qui rappresentata”. Morale della favola: chapeau.

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