Residui di un altro mercato: la moda abbandona le seconde linee 

Perché hanno perso il senso che avevano vent’anni fa. Perché non creano più engagement nei confronti di consumatori con minor potere d’acquisto, giovani soprattutto. Perché i cambiamenti di scenario le hanno rese controproducenti alla tutela della reputazione delle griffe. Così non tutte, ma un discreto e significativo numero di esse, ha deciso di chiudere le sue seconde linee 

 

1994-2011 D&G. 2003-2024 Red Valentino. 2001-2023 See by Chloè. 1989-2018 Versus Versace. 2000-2015 Marc by Marc Jacobs. 2000-2015 Studio Pollini. 2011-2021 Victoria, Victoria Beckham. Non sono date e griffe citate a caso. Potremmo, infatti, archiviare questo elenco alla voce: c’erano una volta le seconde linee. Le quali, oggi, rischiano l’estinzione, in un mercato completamente cambiato dagli anni Duemila, quando le diffusion line hanno iniziato a proliferare. A metterle fuori gioco sono vari fattori, non ultimo la necessità delle griffe di dare certezza, autorevolezza e continuità a uno dei valori più “sensibili” per il lusso: la reputazione del brand.

La moda abbandona le seconde linee

Le motivazioni che hanno spinto le griffe a lanciarle sono le stesse che ora ne stanno provocando la scomparsa. Circa 20 anni fa le linee di prodotti più giovanili, più casual e con un prezzo accessibile, servivano per attirare nuovi consumatori e disseminare il marchio. Compito che hanno assolto benissimo fino a quando il mercato non è profondamente cambiato. In altre parole: fino a quando la casualization è diventata la normalità. I dubbi sono terminati con la pandemia. La riduzione delle vendite non ha più coperto i costi delle diffusion line e ha confermato un rischio emerso nelle stagioni precedenti. Può nuocere all’immagine e alla reputazione del brand. Come? Facendogli perdere desiderabilità ed esclusività, fattori basilari da sempre (e oggi ancora di più) sui quali l’industria del lusso poggia le sue fondamenta.

Solo per fare cassa 

“Se un diffusion brand non ha integrità e la collezione è solo una maniera per fare cassa, i consumatori se ne accorgono – spiega Lydia King, buying director britannica di alcuni department store, a Business of Fashion -. Per essere una diffusion line di successo ed evitare la confusione, bisogna rispettare tutti i parametri”. In altre parole: “Integrità del design, estetica diversificata dei prodotti e prezzi diversi”. E invece cosa è successo? Semplice. Le seconde linee, spesso, sono diventate copie sbiadite delle main line, la cui distribuzione finiva per essere troppo ampia, coinvolgendo punti vendita non consoni al prestigio del marchio. Risultato: il boom del fast fashion e dello streetwear insieme alla crescita del second hand, hanno asfissiato le seconde linee.

Inizio e fine 

Dolce & Gabbana lo ha capito nel 2011, mettendo fine al marchio D&G. Poi sono arrivati tutti gli altri. Valentino ha già spento la luce di Red Valentino, Chloè della sua See by Chloè, e Just Cavalli sembra destinata a fare la stessa fine. Ma ci sono anche seconde linee che godono di ottima salute. Per esempio: Miu Miu (Prada), MM6 Maison MargielaEmporio Armani. (mv)

Nella foto: la campagna 2018 di Red Valentino, seconda linea di Valentino

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