Cosa sta succedendo alle sfide green dell’Unione Europea?

Bruxelles ha varato un pacchetto di misure basato su una visione molto estremizzante e burocratica della sostenibilità. Contro di esse si sono levati venti contrari provenienti da varie direzioni, influenzati anche dall’opposta visione della nuova presidenza degli Stati Uniti. Ora la tendenza è di andare in cerca di una maggiore semplificazione. Facciamo il punto sulle sfide green dell’Unione Europea

di Massimiliano Viti

 

Una maggiore severità nei controlli si traduce in un aumento della burocrazia per le imprese. Stringere le maglie o allentarle? Mentre gli Stati Uniti di Trump hanno chiaramente scelto la seconda opzione, l’Europa sta cercando un punto di equilibrio tra sostenibilità e competitività. Tenendo anche conto che le sue sfide green devono valutare anche un consenso politico più orientato verso destra. Risultato? Le leggi per rendere – perlomeno sulla carta e negli intenti più generici – la moda più sostenibile vengono prorogate e rese meno impattanti per le aziende.

Qualcuno che riduca la burocrazia

Per esempio, anche in Francia la famosa legge “anti fast fashion” approvata all’unanimità dall’Assemblea Nazionale il 14 marzo 2024 non ha ancora trovato la strada per essere applicata. Ciò ha dato spazio a un sospetto: Shein, che sarebbe stato danneggiato dall’entrata in vigore della normativa, potrebbe averci messo lo zampino con un’efficace attività di lobbying. Non solo. Da Parigi ha tuonato anche il CEO di LVMH, Bernard Arnault: “La Francia dovrebbe fare come gli Stati Uniti e nominare qualcuno che riduca la burocrazia”.

Le sfide green dell’Unione Europea

Da Parigi andiamo a Bruxelles, dove l’Unione Europea sta semplificando le normative sulla sostenibilità. Il 26 febbraio 2025 la Commissione Von der Leyen II, insieme al Clean Industrial Deal, ha presentato l’Omnibus Simplification Package, una proposta che prevede la semplificazione di alcuni oneri. Uno degli obiettivi principali è venire incontro alle esigenze delle Piccole e Medie Imprese, soprattutto in quanto integrate nella supply chain dei grandi brand della moda e del lusso. Il riferimento è, in particolare a due direttive. La prima è la CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive, adottata nel 2023, che impone alle aziende di segnalare informazioni sul proprio impatto ambientale e a presentare un piano per contrastarlo.

La seconda è la CSDDD – Corporate Sustainability Due Diligence Directive, adottata nel 2024, che tutela i diritti umani, sensibilizza le aziende sui danni ambientali e prevede la responsabilità legale per le imprese sulla scorta della loro catena del valore. Provvedimenti elogiati dagli ambientalisti quanto criticati dal mondo imprenditoriale per l’eccessiva burocrazia richiesta. Le elezioni per il nuovo Parlamento europeo hanno cambiato lo scenario. I partiti ambientalisti hanno perso seggi a vantaggio del centrodestra, più incline a considerare i dati economici piuttosto che quelli ambientali. Morale: è stato avviato un processo di revisione delle normative che compongono il Green Deal.

L’Omnibus Simplification Package

L’Omnibus Simplification Package prevede due direttive. Primo: ritarda l’implementazione del CSRD e del CSDDD al 2028, mettendola in relazione all’anno fiscale 2027. Secondo: riduce in maniera significativa il numero di aziende obbligate a presentare il report di sostenibilità ai sensi del CSRD, limitandolo alle grandi imprese (con almeno 1000 dipendenti e più di 50 milioni di euro di fatturato o un attivo patrimoniale sopra i 25 milioni). In più: le norme a tutela dei diritti umani e dell’ambiente non riguarderanno più la supply chain, ma solo gli appaltatori diretti. Resta escluso, così, circa l’80% delle aziende coinvolte in precedenza. Inoltre: la CSDDD prevede non più una valutazione ogni anno, ma una ogni cinque anni. Poi: viene depennato l’obbligo di interrompere i rapporti con partner/fornitori non conformi. Infine: prevede che le aziende possano richiedere dati ai fornitori solo se necessari.

Iter istituzionale

L’Omnibus Simplification Package attende ora l’approvazione del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea. Poi verrà ulteriormente discussa dalle tre istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio) fino a quando non si raggiungerà un accordo. Ci vorrà tempo, perché l’iter istituzionale non è rapido. Ma sembra evidente che Bruxelles stia cercando di rendere meno estreme le sue sfide green per favorire la crescita economica delle imprese. Resta da capire se, alla fine di tutto questo percorso (se mai ci si arriverà a una fine…)  alle aziende di moda europea sarà convenuto “risparmiare” sulla sostenibilità. O se, invece, non sarebbe stato meglio spostare il focus di queste sfide su un piano più culturale e meno burocratico.

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