Il settore dei materiali next gen, secondo uno studio di Material Innovation Initiative, ha perso il 53% degli investimenti nel 2022, passando da 980,3 a 456,7 milioni di dollari. Troppo, per pensare che sia solo colpa della crisi. Abbastanza per ritenere che sia la conseguenza del maggior scetticismo sulla loro presunta eccellenza sostenibile rispetto, per esempio, alla pelle
Se volessimo guardare il lato positivo, potremmo segnare in rosso questa percentuale: +7%. È relativa a una crescita, riguarda l’anno 2022 e prende come pietra di paragone il 2020. Una stagione, quest’ultima, i cui risultati vanno letti con una particolare attenzione, considerato il modo in cui la pandemia l’ha resa una sorta di spartiacque storico. Ma, necessariamente, sotto i riflettori dobbiamo mettere un’altra percentuale: 53%. In questo caso, però, è negativa, perché davanti espone il segno “-”. Questo dimezzamento secco identifica il calo degli investimenti nei cosiddetti “materiali next gen” avvenuto tra il 2022 e il 2021. Non è casuale, ci sembra, che, nello stesso periodo, il trend del porsi domande sulla loro reale identità alternativa a tutti gli altri materiali, a cominciare dalla pelle, sia emerso in modo prepotente, perlomeno sulla stampa anglosassone. E che un numero sempre crescente di enti e istituzioni abbia alzato la guardia contro le purtroppo endemiche pratiche di marketing fuorviante che affliggono la moda.
Porsi domande sui materiali next gen
Il riscontro arriva da un report firmato Material Innovation Initiative e titolato The 2022 State of the Industry Report: Next-gen Materials. Il 2022, si legge, è stato l’anno “del giro di vite sul greenwashing nel settore della moda”. Non sarà, quindi, che esiste una diretta relazione tra questo e la riduzione dei capitali raccolti dai materiali next gen? Ci vien da rispondere “sì”. Anche perché non stiamo parlando di quattro soldi. Nel 2021 i materiali next gen avevano incassato sostegni finanziari per quasi un miliardo di dollari (980,3 milioni, per l’esattezza), mentre nel 2022 si sono ritrovati in cassa solo 456,7 milioni. Un crollo del genere impone opportune riflessioni e la ricerca delle possibili cause. Porsi domande, insomma, magari e probabilmente scomode per il mondo delle alternative “di nuova generazione / vegan oriented / green che più non si può”. Questo, però, lo dicono loro.
Oltre gli alibi
Il report di Material Innovation Initiative non approfondisce perché ci sia stato un tale crollo degli investimenti. Si limita a dire che nel 2021 si è assistito a un boom degli investimenti e che poi è arrivata la crisi che si è inevitabilmente ripercossa sul settore. Può essere, ma fino a un certo punto, perché sappiamo bene che quando gli investitori fiutano l’affare non c’è crisi che tenga. Anzi: proprio durante congiunture del genere convogliano i loro capitali in investimenti considerati più sicuri proprio per mettersi al riparo dalle incertezze. Va da sé che tutto ciò non è avvenuto per i materiali di nuova generazione. Come mai? Una ragione è che, probabilmente, il settore è ritenuto troppo giovane, instabile e composto da aziende che non hanno solidi fondamentali economici e sono troppo esposte a oscillazioni finanziarie. Ci sta, ma c’è di più.
Lo scetticismo non paga
Il 2022, infatti, è stato anche l’anno di un emergente scetticismo mediatico (che ha coinvolto in particolare molte testate anglosassoni illustri) nei confronti dei next gen materials e della loro presunta superiorità sostenibile, sia in senso assoluto e che comparativo. Il report, però, sorvola su questo aspetto, mentre, invece, tiene a sottolineare “come, guardando al periodo di 10 anni che va dal 2013 al 2022, il capitale investito e il numero di operazioni hanno continuato a crescere”.
Troppo facile. Il settore è piccolo, è una sorta di start up: ovvio che qualsiasi crescita rappresenti una sorta di esplosione e porti con sé grandi aspettative. Attese deluse nel 2022, al punto che questa annata ha portato con sé solo 28 operazioni di raccolta fondi che hanno fruttato 456,7 milioni di dollari. Un valore drasticamente inferiore a quello dell’anno precedente. Generare scetticismo (finalmente) non paga. Vedremo cosa accadrà nel 2023.
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