Non sono falsi, sono “dupes”: piacciono a chi dice di essere green

“Dupes” è l’abbreviazione di “duplicates”. Indica prodotti che sono alternative economiche agli originali. A livello legale non sono considerate contraffazioni. All’atto pratico sono una contraddizione green, perché a comprarli (insieme ai falsi) sono i consumatori più giovani, quelli che dicono di essere più sostenibili di tutti

 

L’hashtag “dupes” è uno dei più popolari sui social. Su TikTok ha oltre 2,3 miliardi di visualizzazioni. Se usato come verbo, può significare “ingannare”, “abbindolare”. In realtà, “dupes” è l’abbreviazione di “duplicates” e si usa per indicare prodotti che sono alternative economiche agli originali. A livello legale non sono considerate contraffazioni perché non presentano il marchio o il logo originale. Ma ne copiano forma e modello e, nella cosmetica, la composizione. Sono illegali solo quando ricalcano un prodotto protetto da brevetto. Come facilmente si può comprendere, però, sono tutto fuorché sostenibili con l’aggravante di essere particolarmente attrattivi per una classe di consumatori che dice di essere molto sensibile al suo essere green: i giovani.

Non sono falsi, sono “dupes”

Il confine tra “dupes” e contraffazione è ben definito dalla legge, ma è meno netto di quanto si creda nella percezione dei consumatori. Comunque sia, i dupes accrescono il desiderio di acquistare un bene non originale. Ad alimentare le visualizzazioni di “dupes” sono i giovanissimi alla ricerca di prodotti alternativi più economici rispetto a quelli proposti dalle griffe del lusso che hanno un prezzo inaccessibile per le loro tasche. Nel febbraio di quest’anno, una borsa in pelle intrecciata è diventata virale su TikTok. A prima vista sembrava la borsa Jodie di Bottega Veneta. Invece era un “dupe” del retailer Anthropologie (come quello nella foto, tratta da etsy.com), come mostrato in un video di Tia Allen, utente che recensisce prodotti fake o più economici, includendo le informazioni su come e dove trovarli.

Risalire alle origini del fenomeno

Andando a monte per cercare di capire le origini del fenomeno, ci accorgiamo che Generazione Z (soprattutto) e Millennials tanto dicono quanto non riescono ad acquistare in modo sostenibile. Semplicemente: non possono farlo poiché il portafoglio non glielo consente. Per cui ricorrono all’acquisto di “dupes” e, in modo più massiccio, di fake. Dati e studi di vario genere lo dimostrano e conducono all’unanimità allo stesso risultato finale.

L’ultimo report dell’European Union Intellectual Property Office (EUIPO) rileva che l’acquisto intenzionale di merci contraffatte è aumentato. Nel 2021 il 37% dei giovani conferma di aver acquistato almeno un prodotto contraffatto negli ultimi 12 mesi. Era il 14% nel 2019.

Moralmente accettabile

In uno studio condotto da JUV Consulting sui consumatori statunitensi della Gen Z (età compresa tra 13 e 25 anni) BoF Insights ha rilevato che la maggioranza ritiene accettabile che altri acquistino prodotti contraffatti. C’è di peggio: il 54% degli intervistati pensa che sia moralmente accettabile acquistare e utilizzare fake. Un’altra ricerca commissionata da Earthtopia, eco-community di TikTok, e realizzata da Untold Insights (società di ricerca e strategia digitale) ha rilevato che il 96% della Generazione Z e dei Millennials afferma come la crisi impedisca loro di fare acquisti sostenibili.

Insostenibile sostenibilità

La sostenibilità professata non è sostenibile per il portafoglio. Inoltre, emerge come i giovani siano delusi dai marchi sostenibili che non offrono prezzi convenienti. Il 53% degli intervistati dichiara, infatti, di privilegiare le opzioni più economiche piuttosto che scegliere un’alternativa ecologica e sostenibile. Nell’era di BeReal, in cui la presunta autenticità regna sovrana, la Gen Z ha sorprendentemente pochi scrupoli nell’acquistare merci contraffatte. E lo giustifica. Perché, mentre in passato acquistare un prodotto taroccato poteva essere motivo di vergogna, adesso indossare un “dupe” vuol dire aver risparmiato e aver fatto un acquisto intelligente. Ma acquistarlo non è né sostenibile né etico. Poiché si tratta o di un capo contraffatto o di un prodotto fast fashion che non si pone certo problemi a copiare piccoli marchi e designer. Un mondo, quest’ultimo, che si impegna per proporre il giusto rapporto qualità-prezzo, utilizzando materiali di qualità e gestendo in modo equo la propria manodopera. Morale della favola (che favola non è): la Gen Z è la “dupe” di se stessa. Si dichiara attenta alla sostenibilità, ma, proprio perché non vuole restare al verde, non può compiere scelte sostenibili fino in fondo.

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