Gucci riduce al minimo il wholesale. E non solo: vara una nuova strategia basata sulla tracciabilità RFID, per controllare e azzerare il rischio del mercato parallelo. Vi spieghiamo i come e i perché di questa decisione
Il concetto di tracciabilità porta con sé l’immediatezza della sua equiparazione a quello di trasparenza. Mettere in chiaro provenienze e sviluppo manifatturiero di ogni accessorio prodotto soddisfa l’esigenza di dare al consumatore finale (ma anche a tutti i vari gradi della filiera) la consapevolezza di quel che ha tra le mani. Anche, molto prosaicamente, per poter capire perché espone quel costo (alto o basso che sia). Ma la tracciabilità è anche il punto di arrivo di un’altra sfumatura di questo percorso: quella di controllare. In particolare, a livello distributivo. Il rapporto tra Gucci e il wholesale, in questo senso, rappresenta un caso esemplare.
Gucci e il wholesale
Razionalizzazione ed esclusività sono gli obiettivi (non nuovi, ma rilanciati con forza). Uno degli strumenti per ottenerli è l’intervento secco, deciso, drastico sul wholesale. Gucci ha iniziato a farlo in piena pandemia, a marzo 2020, troncando fino al 70% dei multimarca in Italia. In altre parole, passare da 110 a 38 partner commerciali indiretti. Operazione, poi, ribadita negli Stati Uniti in questa pima parte del 2021 e prossima al compimento su scala globale entro la fine dell’anno, senza, però, che Gucci abbia quantificato con precisione fino a punto spingerà questa sorta di epurazione. Quel che si sa, estrapolando il dato dal bilancio della griffe relativo al primo trimestre 2021, è che questo canale commerciale, nel suo complesso, ha perso (già) il 26,1% del suo peso. Elevare l’esclusività della propria offerta significa, dunque, gestirla in modo sempre più diretto. Cioè: controllarla, per evitare anche che certi lotti, certi resi, certi accessori scivolino nel parallelo. E qui entra in gioco la tracciabilità.
Tracciare (per controllare)
Risale, infatti a gennaio 2021 la decisione della griffe di dotare di un particolare tag RFID ogni suo articolo inviato al wholesale. Obiettivo: tracciare le vendite sospette fuori dai canali ufficiali. Gucci ha comunicato la decisione a tutti i suoi partner distributivi indiretti. Lo ha fatto inviandogli una nota nella quale, scrive fashionmagazine.it, si legge che “la nostra azienda si riserva il diritto contrattuale di accedere ai conti e ai registri di ciascun punto vendita, per verificare il corretto adempimento degli obblighi previsti dal contratto”. Secondo la griffe, lo scopo di questo stretto controllo non è solo la tutela del marchio. Ma, anche, garantire regole certe “nell’interesse di tutti i player coinvolti”.
La prima volta
Va notato un aspetto di questa decisione. Il tag RFID, solitamente, si utilizza in ambito fashion per contrastare la contraffazione e i furti in negozio. Ma, anche, per monitorare le scorte di magazzino e semplificare la logistica. Questa potrebbe essere la prima volta che la sua implementazione di spinge nel contesto del controllo della catena di distribuzione.
Immagine tratta da rfidup.com
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