Sia online sia onsite: il retail post Covid è onlife

Non è un gioco di parole. Semmai, è una sintesi semantica che identifica la nuova, possibile dimensione del retail post Covid. Una dimensione nella quale il confine tra fisico e digitale sfuma e si trasforma, per i brand, in qualcosa di assolutamente necessario da capire e soddisfare 

Ce l’avessero detto due anni fa, che il futuro del retail sarebbe stato, probabilmente, così, forse avremmo alzato un sopracciglio, oscillando tra dubbio e incredulità. L’avremmo immaginato, insomma, come una dimensione possibile, ma anche come un orizzonte piuttosto distante. Poi, però, è deflagrata la pandemia, che tutti concordano nel definire, pur nella sua tragicità, “un acceleratore” di futuro. Ecco, allora, che oggi tutti ci ritroviamo a considerare plausibile e comprensibile che il retail post Covid abbia davanti a sé la prospettiva di essere onlife. Cioè?

Il retail post Covid è onlife

La presa di coscienza emerge dall’ultimo Retail Insight di Altagamma che il quotidiano Il Sole 24 Ore sintetizza così. Siamo entrati in “una dimensione digitale onnicomprensiva”. La quale comprende “negozi che si trasformano in laboratori di ricerca, la caccia all’esperienza di acquisto migliore, sia nelle boutique sia dal divano di casa”. Così, “il retail plasmato dalla pandemia sta cambiando volto, e oggi la sfida per le aziende e i marchi è riuscire a salire a bordo di questa navicella multiforme che viaggia velocissima. Questo nuovo universo dello shopping è modellato sempre più sul concetto di onlife, una dimensione in cui i confini fra digitale e fisico sfumano fino a sparire”.

Il grande volo del digitale

Secondo l’analista di Bernstein, Luca Solca, l’e-commerce fashion, lusso compreso, nell’anno del Covid ha percorso in 12 mesi un tragitto pari a 5 anni di sviluppo. Inevitabile, dato che l’equazione negozi chiusi = vendite onine ha genarato nei brand una necessaria transizione digitale di sopravvivenza. In pratica, “nel 2020 l’online valeva circa 50 miliardi di euro. La quota sul totale delle vendite di alta gamma è passata dal 12% del 2019 al 23% del 2020 e rappresenterà un terzo del totale entro il 2025”. Valori colossali per una realtà, scrive Il Sole 24 Ore, “con cui i marchi devono fare i conti, cercando i canali più opportuni per crescere”.

Integrazione onlife

In tutto ciò, spicca (e cresce) chi riesce a elevare il concetto di “esperienza”, in prima battuta con i brand che cercano soluzioni aggiornate e futuribili di vendita. Ecco, allora, che piattaforme “come Farfetch e Lyst – spiega il quotidiano -, realtà con milioni di utenti e presenti globalmente, crescono grazie al rapporto diretto con i brand, tramite le e-concession e la preziosa condivisione dei dati sugli utenti. Con una e-concession le piattaforme attingono direttamente allo stock dei marchi, che ne restano in possesso, pagando loro una commissione intorno al 15% del prezzo retail, molto inferiore al 40-50% che si lascia al wholesale. Un canale, quest’ultimo, che (non a caso) sta vedendo ridursi progressivamente la presenza dei marchi del lusso”. Tutto ciò si traduce, lato consumer, in quello che Chris Morton, fondatore e CEO di Lyst (la più grande piattaforma di ricerca al mondo per la moda) spiega efficacemente così: “I clienti non fanno più distinzione fra online e offline, per loro esistono touchpoint con il brand, che è quello che conta”.

Grandi e piccoli

Come tutti ammettono, questa evoluzione sembra prefigurare un drastico ampliamento della forbice tra grandi e piccoli brand. A favore dei primi, ovviamente. Per i secondi, quindi, “la sfida è trovare il proprio posizionamento per essere rilevanti, in un panorama sempre più competitivo”, conclude Solca. Come? Puntando “sulla ricerca, sul servizio, sul rapporto con i clienti e l’incontro delle loro esigenze. Che può significare anche, per esempio, seguirli nei loro nuovi viaggi”. E qui, si arriva all’altra faccia dei consumi onlife: quelli legati alla ripartenza dello shopping turistico. Driver fondamentale per i bilanci delle griffe, il travel retail è la grande incognita del post Covid. Non tanto perché esistano dubbi sulla sua ripartenza, quanto per come e quanto i cinesi ne saranno protagonisti, dato che, per ora, sembrano ben contenti di comprare a casa loro. Questo, però, è un argomento che approfondiremo in un’altra occasione.

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