L’inflazione soffoca i bilanci dei consumatori in tutto il mondo e i consumi fashion subiscono un perentorio tsunami. Molte catene europee chiudono, mentre negli Stati Uniti cercano soluzioni per restare in vita. Non si salva l’online che incassa (molto) meno del previsto e soffre
Viene definito “effetto rossetto”. Si verifica nel lusso quando, anziché acquistare una borsa, la cliente si accontenta di comprare un rossetto. Non è certo un ottimo investimento in termini di durabilità, ma questo switch di consumo fotografa cosa sta succedendo nel mondo del retail del lusso. Se, poi, chi ha una cospicua disponibilità di spesa preferisce risparmiare, chi ogni mese deve prestare massima attenzione al bilancio familiare acquista il minimo indispensabile. Non certo un vestito, un paio di scarpe o una borsa, soprattutto se il costo della vita è sottoposto a una costante pressione inflattiva al rialzo. Tutto aumenta. Le famiglie spendono di più per acquistare di meno. Se anche le condizioni meteo non stimolano la necessità di comprare, il calo dei consumi della moda è servito. E non risparmia nessuno.
Tutto aumenta
“La crescita delle vendite a settembre è rallentata poiché l’alto costo della vita continua a gravare sulle famiglie. L’estate indiana, poi, ha significato anche che le vendite di abbigliamento autunnali, come maglieria e cappotti, non sono ancora iniziate”, sintetizza Helen Dickinson, CEO di BRC – British Retail Consortium. Così, la flessione dei consumi colpisce duro i rivenditori che non hanno le spalle larghe. In Francia, l’insegna calzaturiera Minelli è andata in amministrazione controllata. E Naf Naf, in amministrazione controllata c’è da settembre, chiuderà 17 negozi (con 107 posti di lavoro a rischio).
Caos tedesco
In Germania si assiste alla situazione peggiore. Molte catene calzaturiere sono già saltate nei mesi scorsi. L’esempio più eclatante è quello dei grandi magazzini Galeria Karstadt Kaufhof che chiuderanno 90 store su 129. Ma la lista delle chiusure si allunga continuamente. A Berlino alzano bandiera bianca anche i francesi di Galeries Lafayette (190 dipendenti) a causa del “cambiamento delle abitudini di consumo nel mercato al dettaglio della città”. Galeries Lafayette, però, aprirà 20 negozi entro il 2025 tra Asia (Cina) e Medio Oriente. Sempre in Germania, entro il 31 agosto 2024, Deichmann chiuderà tutti i 28 store dell’insegna Onygo (insegna di scarpe e streetwear).
Contromisure americane
Negli USA le grandi catene retail prendono le contromisure. A WWD, il CEO di Neiman Marcus, Geoffroy Van Raemdonck, dice che “il consumatore di reddito più basso ha sofferto di più, mentre abbiamo guadagnato di più con i nostri clienti top”. La catena retail, che ha ridotto le entrate nel periodo maggio-luglio, si sta trasformando: maggiore attenzione ai marchi più venduti e più servizi per i clienti più ricchi. Macy’s ridurrà le dimensioni degli store. Dopo tre anni di test, aprirà altri 30 negozi di formato ridotto entro il 2025. JCPenney ha recentemente informato i fornitori internazionali che i termini di pagamento passeranno da 60 a 90 giorni, mentre quelli nazionali saranno pagati a 60 giorni anziché 45.
Calo italiano
In Italia la situazione non è diversa. “Il calo delle vendite a volume rilevato ad agosto, sia congiunturale che tendenziale – superiore alle nostre stime – è l’ulteriore conferma di un quadro economico complicato, per di più in via di estensione a quasi tutto il resto dell’Europa. Alla debolezza della domanda per consumi si associa, infatti, un calo della fiducia delle famiglie e delle imprese” scrive Confcommercio. Secondo cui, senza la grande spinta proveniente dal turismo internazionale, le prospettive del secondo semestre 2023 sono per “una crescita zero”. Secondo i primi dati del sondaggio sulle aziende associate a Federazione Moda Italia, settembre si è concluso con un calo delle vendite del 6%, anche a causa delle eccezionali condizioni meteorologiche. I negozi, che hanno i magazzini pieni, devono affrontare sfide finanziarie legate alle scadenze dei pagamenti dei fornitori e delle tasse, e al rialzo di costi energetici, affitti indicizzati e personale.
Scricchiola anche l’online
Questo scenario di disagio non risparmia le vendite online. Anzi, dopo il boom pandemico, i player del settore devono affrontare un inaspettato ribasso. Farfetch e YNAP (prossimi sposi) arrancano. Nel periodo aprile-giugno, YNAP ha registrato una riduzione delle vendite dell’8%. Farfetch ha visto i suoi ricavi scendere dell’1,3%. Ed è il terzo trimestre consecutivo con entrate in calo. Gli altri competitor non stanno meglio. Asos ha registrato un calo del 15% nel trimestre giugno-agosto anche se ciò non ha impedito al gruppo di registrare un utile. Il titolo, però, continua a calare in Borsa: dall’inizio dell’anno segna un -30%. Previsioni fosche anche per Zalando, il cui titolo perde il 35% dall’inizio dell’anno.
Ma c’è chi investe
Nonostante la situazione deprimente, i brand, in un’ottica di lungo periodo, continuano a investire nel retail. Per esempio, Barbour aprirà un flagship a Milano. Hoka inaugurerà il primo negozio al dettaglio in Europa a Londra. Ma soprattutto DFS, l’operatore del travel retail di proprietà di LVMH, aprirà una struttura di vendita e intrattenimento di lusso a “sette stelle” nell’isola duty free di Hainan (Cina). L’apertura è prevista per il 2026. La struttura ospiterà più di 1.000 marchi di lusso e occuperà oltre 128.000 metri quadrati. A confermare come gli investimenti si stiano spostando verso mercati e destinazioni più promettenti. (mv)
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