Guardare alle collezioni del passato, prossimo o remoto. Riproporre modelli che, anche causa pandemia, sono rimasti in magazzino. In sintesi: ripescare dagli archivi della moda. Il fashion system guarda al suo passato in modo nuovo per trovare la via del futuro. Vero o falso?
“La pandemia ha messo in luce che il ciclo costante di creazioni e novità ha saturato il fashion system”. Più che un modo di commentare un qualsiasi trend in atto, letta molto lentamente, scandendo con precisione ogni parola, questa frase ci sembra piuttosto una sentenza. La scrive thedailybeast.com in un articolo di qualche mese fa che risulta particolarmente attuale anche oggi, nella provocazione che fa fin dal titolo: Are Archival Pieces the Future of Fashion? Domanda retorica che stimola un argomento che val la pena di approfondire. Anche perché nasce da concreti riscontri di quanto si è visto sulle passerelle (finora, ancora, digitali). Quindi: saranno gli archivi della moda a stimolare il futuro (prossimo) dei consumi?
Gli archivi della moda
Guardare alle collezioni del passato, prossimo o remoto.
Riproporre modelli che, anche causa pandemia, sono rimasti in magazzino.
In altre parole: ripescare dagli archivi. Si sta affermando, dunque, un fenomeno che va oltre la classica (e stanca) dimensione del vintage. Un trend che impone l’approfondimento di un nuovo lato, molto pragmatico, del concetto di circolarità: non più solo di materiali e prodotti, ma anche di idee creative.
Qualche esempio
Non sono teorie, ma parole con radici in casi concreti. Per esempio, come scriviamo qui, lo ha fatto Gucci presentando la sua prima collezione del Centenario, Aria, ridestando scelte creative di Tom Ford. Lo ha fatto Coach a settembre 2020, come spiega thedailybeast.com, annunciando che per l’estate 2021 ormai alle porte “i nuovi pezzi di Stuart Vevers sono abbinati a modelli da collezioni passate”.
Un esperimento che Balmain ha spinto ancora più avanti, proponendo una cruise collection che in passerella ha portato “il lavoro di ciascun stilista del marchio, dal fondatore Pierre Balmain all’attuale direttore creativo Olivier Rousteing”, senza che ci fosse spazio per “un solo nuovo capo di abbigliamento”.
Ancora prima, Rebecca Minkoff, marchio USA fondato nel 2005, ha esplorato in modo progressivo questa modalità di gestione creativa e commerciale. Risultato: nel 2020, continua thedailybeast.com, le collezioni d’archivio sono diventate una componente strutturale della sua attività.
Un freno all’ossessione per la novità?
La lettura più cinica interpreta questo processo come l’espressione di una necessità utilitaristica: affidarsi ai propri archivi (un altro modo di definire l’heritage) per evitare, in un momento di criticità e incertezza come quello attuale, di prendersi eccessivi rischi creativi. In pratica: rassicurare se stessi e il consumatore di riferimento. Ma c’è di più. Strategicamente, questo approccio si può ritenere “più sostenibile – riconosce la testata statunitense –, perché incoraggia i consumatori a fare acquisti di capi che un tempo avremmo definito vintage e a investire in pezzi più duraturi”. Non solo: si pone “come un freno all’ossessione per la novità dell’intera industria.
Le collezioni d’archivio sono viste come un modo per contrastare questo effetto: offrono ai clienti ciò che vogliono e concedono ai designer una pausa dall’urgenza di creare 50 nuove idee a stagione, una parte delle quali non arriverà mai nemmeno in negozio”.
A cascata, non va trascurato l’effetto fidelizzazione. In altre parole: interpretare l’archivio di una griffe vuol dire rivitalizzare la sua storia.
“Non c’è motivo per cui non possiamo includere capi del passato nella stagione in corso – conclude Julie Ann Clauss, fondatrice di The Wardrobe –: è molto più sostenibile che acquistare ogni volta un guardaroba completamente nuovo che viene smaltito dopo solo sei mesi. Soprattutto se quel guardaroba proviene da una catena di fast fashion”. Insomma, la vera novità pare essere scritta nel passato della moda. Sarà vero? Sarà un trend duraturo? Al futuro (prossimo) il compito di trovare una risposta.
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