Torniamo in negozio: la resurrezione del retail fisico è servita

Chiamatela “rivincita” o, più semplicemente, “resurrezione”: la pandemia non ha intonato il de profundis delle boutique fisiche a favore delle piattaforme online. Lo dimostrano gli investimenti immobiliari delle griffe e del lusso: molto più selezionati di un tempo, ma in costante e continua crescita. Stanchi della freddezza digitale, i consumatori vogliono tornare a vivere reali esperienze di acquisto

 

Sempre più persone preferiscono recarsi in negozio per comprare un abito o un accessorio moda piuttosto che cercarlo sul web. È più di un ritorno: è una resurrezione. La comodità di stare a casa, navigare e trovare quasi sicuramente il prezzo più conveniente non sono più motivazioni sufficienti. Il consumatore sembra preferire i servizi offerti nel punto vendita. Qui, per esempio, può verificare esattamente il colore del prodotto, la taglia, la qualità: può indossarlo e vedersi allo specchio. Soprattutto, può vivere un’esperienza imparagonabile rispetto a quella del rimanere davanti a uno schermo a scrollare compulsivamente social e pagine web.

La resurrezione del retail fisico

In molti hanno creduto che la pandemia avesse intonato il de profundis delle boutique, con le piattaforme online che, inevitabilmente, diventavano il punto di riferimento degli acquisti dei consumatori di ogni età. Una valutazione affrettata. Non appena sono state allentate le restrizioni, le persone (anche i giovanissimi) sono tornate nei negozi, stanche di comprare un prodotto di moda online senza vivere particolari emozioni. “Le grida pessimistiche sulla fine del retail fisico sembrano ormai un lontano ricordo, mentre il settore entra in una nuova normalità”. Lo afferma Rob Travers, responsabile del settore retail per Europa, Medio Oriente e Africa di Cushman & Wakefield, una delle maggiori società private del mercato immobiliare mondiale.

Coinvolgere, prima di tutto

Cushman & Wakefield ha da poco pubblicato il report European Retail Radar rilevando che, nei primi sei mesi del 2023, i marchi della moda hanno coperto oltre il 40% della superficie commerciale affittata in Europa dalla stessa società immobiliare. È la percentuale più alta rispetto a qualsiasi altra attività. “La nostra analisi mostra chiaramente che il retail fisico rimane vitale, come punto di contatto del marchio, a supporto del coinvolgimento dei clienti e di una più ampia gamma di attività commerciali” aggiunge Travers. Non a caso Mango, insegna spagnola di fast fashion, ha annunciato di voler aprire 500 negozi nei prossimi tre anni.

Aperture ponderate

Resurrezione, dunque. Ma ben ponderata. Uno studio Bernstein presentato a giugno 2023, infatti, ha rilevato che gli investimenti commerciali delle griffe si stanno concentrando su poche, ma significative aperture o su progetti di restyling per rendere l’esperienza di shopping sempre più unica. Per esempio, come nel caso della boutique Dior al 30 di Avenue Montaigne a Parigi o del Tiffany “Landmark store” a New York. Oppure, come nel caso dei flagship store che i brand del lusso stanno aprendo o rinnovando in alcune location chiave, tra cui spicca Milano.

Cosa succede in Francia

La ripresa del turismo globale. L’arrivo in Europa dei turisti USA attirati dal cambio favorevole. La soppressione degli acquisti esentasse per i visitatori stranieri nel Regno Unito a causa della Brexit. Ecco alcuni fattori che hanno spinto i conglomerati francesi del lusso a investire nel mercato immobiliare locale, in particolare nel centro di Parigi. “Negli ultimi mesi, i marchi del lusso hanno investito alcuni miliardi di euro nell’acquisizione di spazi commerciali, dimostrando di voler mantenere una rete di distribuzione a lungo termine e di alta qualità“, osservano gli analisti di Cushman & Wakefield. Un esempio è la riapertura del grande magazzino La Samaritaine. LVMH lo aveva acquistato nel 2001 e chiuso nel 2005 per permettere l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione. Dopo quasi 16 anni di restauri e discussioni tra vecchi e nuovi proprietari sulla destinazione d’uso, La Samaritaine ha riaperto nel 2021.

Il caso americano

Secondo un recente rapporto della società globale di servizi immobiliari JLL, le vendite complessive di beni di lusso negli Stati Uniti sono aumentate fino a quasi 70 miliardi di dollari. Uno dei motivi sta nella politica commerciale dei marchi che hanno ampliato la loro presenza nazionale al dettaglio di oltre 60.000 metri quadrati. Una delle operazioni più recenti ha visto Prada rilevare per 425 milioni di dollari l’intero building che ospita il suo flagship a New York.

L’esperienza cinese

In Cina il digitale è ancora fondamentale (si veda il successo di piattaforme come WeChat, Douyin e Xiaohongshu), ma sono sempre di più i negozi fisici a guidare la spesa locale. Secondo i risultati di un sondaggio sul consumo cinese di lusso nel 2022, circa il 53% dei consumatori intervistati (che hanno fatto shopping tra settembre 2021 e settembre 2022), ha comprato articoli di lusso in negozi fisici.

Il triplo in Italia

Altagamma Consensus 2024 stima che quest’anno il canale retail registrerà un +7,5% delle vendite rispetto al 2022, seguito dall’online con un +4,5%. In difficoltà il wholesale. Secondo l’Altagamma-Bain Worldwide Luxury Market Monitor 2023, invece, negli ultimi cinque anni i canali di vendita monomarca sono cresciuti tre volte più dei multimarca. È facile notarlo a Milano, città dove il quadrilatero della moda è in pieno fermento.

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