Così gli stilisti usano l’archivio: due esempi spiegano tutto

Succede, più o meno, così: un brand arruola un nuovo stilista e “il primo capitolo della nuova saga parte dall’archivio. Per capire chi è davvero dovremo aspettare la prossima collezione”. Perché succede? Ce lo spiegano due esempi recenti. Quelli di Sean McGirr per Alexander McQueen e quello di Adrian Appiolaza per Moschino

di Domenico Casoria

 

Avete mai notato che la prima collezione di un nuovo direttore creativo è sempre d’archivio? Fateci caso. Quando un brand nomina un nuovo designer le aspettative sono alte e le recensioni dopo la prima collezione sono sempre le stesse. “Il primo capitolo della nuova saga parte dagli archivi. Per capire chi è davvero dovremo aspettare la prossima collezione”. Come se riuscire a decifrare l’archivio di un marchio fosse una cosa semplice. Ecco, allora, che vale la pena fare due esempi per capire in che modo gli stilisti usano l’archivio del proprio brand.

Due esempi spiegano tutto

Il grado di difficoltà di questo atto dipende sicuramente da più fattori. In prima battuta, le dimensioni dell’archivio. Poi: la vastità in termini di riferimenti e una certa attitudine personale verso lo studio delle basi creative ed evolutive di un marchio. Due esempi molto recenti spiegano bene quello che stiamo affermando. Durante l’ultima fashion week femminile, infatti, abbiamo assistito a due debutti: quello di Sean McGirr per Alexander McQueen e quello di Adrian Appiolaza per Moschino. Le loro due collezioni erano fortemente influenzate dagli archivi, con una distinzione.

Mentre McGirr ha provato a metterci del suo – attirandosi qualche critica, soprattutto nel paragone (quasi naturale) col fondatore del marchio -, Appiolaza ha deciso di fare indigestione dei codici della maison. Il risultato è stata una collezione che sembrava uscita dalle mani di Franco Moschino. Dove sta, quindi, il confine? È chiaro che per conoscere fino in fondo un brand bisogna addentrarsi nelle sue viscere. Ma non basta. Bisogna anche scrutare nelle pieghe e conoscere lo zeitgeist che ha portato alla creazione di quel patrimonio, soprattutto, se parliamo di marchi che hanno espresso una moltitudine di riferimenti.

Esempio numero 1: Sean McGirr

Per l’autunno/inverno 2024 McGirr si è ispirato a The Birds, la collezione presentata da Alexander McQueen nel 1995. McQueen era partito dall’ornitologia e dal film di Alfred Hitchcok, ma senza dimenticare il metodo: raccontare il suo mondo interiore, struggente, sempre sul filo del rasoio, teatrale, stridente, ma profondamente realistico. La riedizione di McGirr non è piaciuta ai critici, che l’hanno definita “fredda, asettica e solo in parte McQueen”, tanto da instillare il dubbio sulla scelta.

Ora, è chiaro che oltre a citare un archivio bisogna mutare la capacità narrativa di chi quel marchio lo ha fondato. Ma questo discorso ha un problema di fondo. La scelta dei direttori creativi è sempre più spesso fatta a scatola chiusa, quando invece bisognerebbe trovare almeno un punto di contatto con l’archivio. In altre parole: chi arriva dovrebbe condividere quantomeno lo stesso sottofondo emotivo e culturale di quel brand, oltre alle capacità tecniche che non sono secondarie.

Esempio numero 2: Adrian Appiolaza

Il paragone è, comunque, sempre dietro l’angolo. Ma quell’angolo si può smussare, come ha provato a fare Appiolaza da Moschino. Appiolaza ha avuto solo un mese per mettere in piedi la sfilata. L’unico bacino creativo su cui poteva puntare era l’archivio: alla fine si è rivelato vincente. Per la sua Collezione 0, lo stilista ha portato in passerella (in maniera chirurgica) alcuni pezzi iconici del marchio senza rileggerli, perché si è reso conto che il sistema valoriale – ironico/sferzante/a tratti arrogante – caratteristico di Franco avrebbe funzionato anche oggi. Così com’era. Stessa cosa per la Collezione 01, presentata per la primavera/estate 2025. Pezzi di archivio rivisti in chiave ironica e non caricaturale. Questa volta con qualche aggiunta personale. Non un omaggio nostalgico, ma un gioco di contrappesi tra passato e futuro. Perché cambiare una cosa che sta in piedi per sua stessa natura?

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