Il 20 gennaio 2025, primo giorno del suo mandato, il neopresidente ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi (2016). In più ha dichiarato un’emergenza energetica nazionale. Due decisioni disruptive – tra le tante – che avranno evidenti effetti. Ecco quali
Massimiliano Viti
Il pianeta riuscirà a sopravvivere a un secondo mandato Trump? Il 20 gennaio 2025, primo giorno del suo mandato, il neopresidente ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi (2016). In più ha dichiarato un’emergenza energetica nazionale, accelerando il rilascio dei permessi per i progetti petroliferi e del gas e riducendo le normative sulle emissioni in tutti i settori industriali. Questo soprattutto perché, dice lo stesso Trump, “la Cina inquina impunemente”. Quali saranno gli effetti di questi provvedimenti?
Deregulation green
Secondo l’organismo intergovernativo International Energy Agency, la Cina è il maggiore responsabile delle emissioni globali di gas serra, con una quota del 31,1%. Gli USA sono al 13%. Inoltre, secondo Trump, il consenso scientifico sull’aumento delle temperature sulla Terra è una “truffa“. Così gli States si aggiungono a Libia, Yemen e Iran tra le sole nazioni che non aderiscono all’accordo sul clima. Anche nel suo primo mandato, Trump aveva preso la stessa decisione che provoca un impatto significativo su tutte le industry, compresa quella della moda. Gli effetti, infatti, possono mettere a repentaglio i progressi (piccoli o grandi che siano) sugli obiettivi climatici. Aumenta la dipendenza dai combustibili fossili. Sconvolge le dinamiche commerciali globali.
L’ennesimo cambio di direzione
Prima e dopo il primo mandato Trump (2017-2020), i presidenti degli Stati Uniti (prima Barack Obama e poi Joe Biden) hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi. Per gli USA è dunque l’ennesimo cambio di direzione in materia ambientale. Ciò ha già portato a una frammentazione delle normative in materia di sostenibilità nei vari stati federali. Per esempio, come la California che, con le leggi 253 e 261 del Senato, ha stabilito nuovi standard per la trasparenza climatica delle aziende. Nonostante la mancanza di un’unica normativa federale, molti brand fashion hanno comunque intrapreso iniziative indipendenti per diventare più green. Anche per assecondare le crescenti richieste del mercato. Iniziative e investimenti che probabilmente proseguiranno anche dopo le ultime decisioni di Trump, in quanto i marchi sono consapevoli che tra 5 anni tutto potrebbe nuovamente cambiare.
Che effetti avrà?
Quali saranno le conseguenze delle azioni di Trump? Nell’immediato, gli USA corrono il serio rischio di vedere un aumento del carbon footprint per la loro produzione fashion. Inoltre, questa nuova posizione potrebbe interferire sulle relazioni commerciali con i Paesi, come l’Europa, che hanno standard di sostenibilità più severi. Un consumatore europeo, sempre più sensibile al green, comprerà un prodotto made in USA?
Globale o locale?
Julia Hughes, presidente della United States Fashion Industry Association, si chiede se le azioni del presidente Trump avranno un impatto a livello globale o se l’impatto principale sarà solo negli Stati Uniti. Molto probabilmente le ripercussioni della deregulation statunitense varcheranno i confini nazionali. Basti pensare alla supply chain del fashion system. “I brand di moda potrebbero ridurre la pressione lungo tutta la catena del valore, con un ritorno alle fonti energetiche più economiche e convenienti, che sono tipicamente i combustibili fossili”, afferma Michelle Gabriel (fonte Vogue Business) , direttore del programma di moda sostenibile presso l’IE New York College (ex Glasgow Caledonian University). In altre parole, le aziende della filiera che ora usano energia verde potrebbero tornare all’energia elettrica ricavata dal petrolio perché costa meno. Così diventerebbero più competitive sul prezzo.
Tutto il pianeta
Ma le implicazioni che vanno al di fuori dei confini USA coinvolgono tutto il pianeta. L’indebolimento degli standard ambientali potrebbe accentuare l’uso di pratiche non sostenibili nell’approvvigionamento delle materie prime. Prendiamo il cotone. L’aumento di pesticidi e fertilizzanti sintetici potrebbe accelerare il degrado del suolo. L’inquinamento delle acque e le emissioni di gas serra. Più in generale, il clima è destinato peggiorare e gli eventi meteorologici estremi aumenteranno: con quali conseguenze per le filiere produttive?
Non si fermeranno
La moda dovrebbe comunque continuare nel suo percorso verso una maggiore sostenibilità, con o senza Trump. “Molti investitori hanno orizzonti più lunghi della durata di una presidenza” fa notare Lisa Bergstrand, fondatrice della Bergstrand Consultancy, società di consulenza per la sostenibilità delle aziende di moda e tessili. Una conferma, seppur parziale, arriva da Steve Lamar, CEO dell’American Apparel and Footwear Association (AAFA), che al Sourcing Journal ha detto: “Non è il momento di abbandonare i nostri sforzi per promuovere e garantire un approccio armonizzato alla gestione efficace del nostro pianeta”. Lamar ha promesso che il gruppo “continuerà a impegnarsi a livello locale, statale, federale e internazionale per sostenere una adeguata politica di sostenibilità”.
Leggi anche:
- Se Francia e California cercano soluzioni contro il greenwashing
- Se la sostenibilità diventa legge: il caso di New York
- La sostenibilità e la sua verità: quando i nodi vengono al pettine