Se Francia e California cercano soluzioni contro il greenwashing

Parigi vara la legge che impone un obbligo relativo alla corretta comunicazione di quanto un capo è fatto con materiale riciclato. In California, il Responsible Textile Recovery Act equipara, di fatto, i produttori di tessuti a quelli di batterie. Tutti uniti contro il greenwashing

 

Dall’inizio di quest’anno, in Francia, se un marchio afferma che una maglietta è realizzata con materiale riciclato, l’etichetta che accompagna il capo dovrà indicarne l’esatta percentuale. Se un indumento è costituito da fibre sintetiche per più del 50% deve riportare la segnalazione che durante il lavaggio disperderà microfibre.

In California c’è una proposta di legge che, in pratica, tratta i tessuti come le batterie, i cui produttori devono pagare per la raccolta / riciclo anche dei prodotti che le contengono. Il recente Responsible Textile Recovery Act, infatti, imporrebbe ai marchi di abbigliamento e calzature di rendere conto di ciò che succede ai loro prodotti dopo la vendita. Una novità assoluta negli Stati Uniti.

Soluzioni contro il greenwashing

Quello che accomuna le due iniziative è costringere le aziende della moda a fare sostanziali salti in avanti verso la sostenibilità. E di farli con decisione, cercando soluzioni contro il greenwashing. Il problema, però, è che la moda non sembra del tutto pronta per affrontare una sfida che impone ai marchi (tutti i marchi) di conoscere alla perfezione e in ogni passaggio la propria supply chain.

La legge francese

Dal primo gennaio 2023, la Francia obbliga le più grandi aziende della moda a fornire ai consumatori informazioni dettagliate sulle caratteristiche ambientali. La nuova regolamentazione è prevista all’interno della legge anti-spreco. In pratica, il capo di abbigliamento dovrà essere accompagnato da etichette informative che mostreranno un “punteggio” ambientale da A a E per aiutare chi compra a prendere decisioni di acquisto più informate.

La normativa contiene linee guida per stabilire quando un’azienda può dichiarare che un articolo è riciclabile. L’azienda stessa è obbligata a pubblicare il Paese in cui viene realizzato un prodotto e il luogo in cui il materiale principale è lavorato e prodotto. La legge si applica alle aziende che vendono più di 25.000 articoli all’anno e generano entrate superiori a 50 milioni di euro in Francia. Per ora non riguarda la pelletteria. La normativa è stata approvata nel 2020, ma i dettagli sui nuovi requisiti sono stati pubblicati solo ad aprile 2022, per cui i marchi lamentano di aver avuto poco tempo per elaborare gli enormi volumi di dati necessari a mettersi in regola. E si aspettano una proroga. La sanzione massima è di 15.000 euro, ma il rischio reputazionale e legale è enorme.

La proposta californiana

In California, una proposta di legge vuole rendere i marchi di moda responsabili del problema dei rifiuti. Si chiama Responsible Textile Recovery Act e prevede che i marchi che producono o vendono in California siano tenuti (individualmente o attraverso un’organizzazione dedicata) a istituire un programma di gestione (versando una quota a un ente), per la raccolta, la riparazione o il riciclo di qualsiasi prodotto di abbigliamento o tessile “che non sia adatto al riutilizzo da parte di un consumatore nel suo stato o condizione attuale“. Il disegno di legge include una parte dedicata alla riparazione che, secondo i sostenitori, avvantaggerebbe le imprese di abbigliamento e promuoverebbe la creazione di “posti di lavoro circolari“.

Inoltre, stabilisce una definizione legale di “riciclo” dei prodotti tessili per prevenire l’uso improprio o il greenwashing. Infine, traccia una serie di obblighi di raccolta che, secondo i proponenti, contribuirebbero a garantire una “equa e responsabile gestione dei i materiali”. Per le aziende che non si adeguano sono previste sanzioni fino a 50.000 dollari al giorno e la pubblicazione da parte di CalRecycle di un elenco pubblico di marchi conformi e non conformi. Il disegno di legge è stato presentato il 16 febbraio 2023 e ora passerà al vaglio della legislatura. Se tutto fila liscio il governatore della California lo firmerà entro settembre. Si applicherà solo ai tessuti inutilizzabili.

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