Davanti all’emergenza: 3 possibili strategie, 3 errori da non fare

La crisi bellica in Ucraina ha reso strutturali criticità innescate dalla pandemia. Per esempio: l’inflazione e la crisi energetica. I brand, le insegne e la filiera della fashion and luxury industry si trovano davanti all’ennesima emergenza. Una situazione che sta ridefinendo gli scenari in un modo più strutturale di quanto si possa pensare. Ecco, allora, quali strategie mettere in campo e quali errori evitare per non farsi mettere fuori gioco, soprattutto dal panico

In collaborazione con Altavia

 

Già nei mesi precedenti la crisi bellica in Ucraina, minacce come la crisi energetica e l’inflazione rischiavano di compromettere l’auspicata ripresa dei brand della moda. Con l’inizio delle ostilità e il deterioramento degli equilibri geopolitici, molti problemi si sono rivelati strutturali. E hanno nuovamente costretto il fashion system a ripensare integralmente i propri modelli e ad affrontare nuove criticità. Le quali investono il business in ogni aspetto: dalla produzione alla distribuzione. Abbiamo, quindi, selezionato 3 possibili strategie e 3 errori da non fare per chi opera nel mondo della moda in un periodo come questo, dominato dall’incertezza dei mercati e dalla mutevolezza degli equilibri geo-politici.

3 possibili strategie

1 > Prendere una posizione chiara e agire di conseguenza

Per le persone è fondamentale riconoscersi nei propri brand di riferimento. Anche se al momento le sanzioni non colpiscono direttamente i grandi brand che ancora operano in Russia, è fondamentale saper prendere una posizione decisa e agire coerentemente. Le griffe, attraverso le loro community, possono comunicare un messaggio e contribuire all’informazione raggiungendo le generazioni più giovani. Già oggi sono tantissimi i marchi che hanno sospeso la vendita e la produzione in Russia o partecipano a raccolte di fondi e ad azioni di sostegno per la popolazione ucraina. Prendere una posizione è necessario per mantenere un legame su cui ripartire al momento della cessazione delle ostilità.

2 > Considerare le opportunità di una politica di reshoring 

Il ritorno alla produzione nazionale era visto da molti, fino a pochi mesi fa, come controproducente, per gli alti costi di ingresso e di produzione. Oggi potrebbe diventare una necessità. Dalle crisi, spesso, nascono opportunità per chi non si lascia prendere dal panico. Opportunità che oggi potrebbero tradursi in reshoring o nearshoring.

3 > Esplorare mercati emergenti e in crescita 

Insieme ai rapporti di forza tra le potenze mondiali cambiano, conseguentemente, anche le possibilità del mercato. Il primato occidentale è sempre più in discussione e i poteri di acquisto a cui siamo abituati sono messi a repentaglio in maniera sistemica. È ovvio che il mondo della moda non potrà più contare come prima sulla Russia, un mercato che negli ultimi anni ha rappresentato una parte importante del fatturato dei brand del lusso. Più volte abbiamo ricordato la rapida crescita del mercato asiatico, con la Cina prima tra tutti, ma non solo.

Stiamo assistendo a un sempre maggiore interesse verso il lusso anche in Paesi come, ad esempio, Corea del Sud o India. Potrebbe essere necessario rivedere le proprie strategie di sviluppo a Pechino al netto di possibili nuove tensioni. I brand dovranno conoscere e saper interpretare le peculiarità di ogni mercato (nuovo o consolidato che sia) con proposte sempre aggiornate e con efficaci revisioni dei canali di distribuzione. In Occidente, d’altra parte, osserviamo un ritorno di importanza degli acquisti di prossimità una rinascita dello store fisico. I marchi devono saper ripensare il loro rapporto con il retail nel mercato domestico. Il punto vendita deve sapersi trasformare in un luogo altamente esperienziale, espressione dell’identità del brand.

3 errori da non fare 

1 > Sottovalutare i rischi del mercato asiatico

Anche se il mercato asiatico rappresenta indubbiamente una grande opportunità, operare al suo interno non è esente da rischi e possibili difficoltà. Per esempio, negli ultimi mesi in Cina, soprattutto nei più giovani, è maturato un sentimento identitario. Qualcosa di simile a un “nazionalismo dello shopping” con un crescente interesse verso designers e marchi locali che rischia di togliere spazio ai brand occidentali. Non solo: è necessario tenere anche presente che la politica “zero Covid” di molti Paesi asiatici comporta inevitabilmente un maggior rischio di chiusure e di interruzioni della filiera produttiva, come sta accadendo proprio in Cina.

2 > Trascurare la sicurezza informatica

La crisi bellica in Ucraina sta mostrando al mondo l’importanza della “cyber resilience“. Già nel 2021 KPMG ha riportato un grande aumento di attacchi informatici e violazioni della sicurezza digitale, dovuti alla spinta alla digitalizzazione portata dal Covid in molte aziende. Nei prossimi anni si prevede un’ulteriore crescita dell’e-commerce con conseguenti rischi per il buon fine delle transazioni. Le aziende sono, inoltre, sempre più “data driven” e i brand della moda devono sapersi proteggere da attacchi informatici che minacciano la sicurezza di dati ultrasensibili. Per esempio: quelli relativi ai brevetti, ai clienti o, molto più banalmente, alla privacy informativa interna all’azienda.

3 > Non farsi prendere dal panico

L’atteggiamento corretto in questi casi è quello di valutare attentamente le proprie possibilità strategiche. Magari facendosi supportare nell’implementazione rapida di accorgimenti tattici di breve termine. Per esempio: aumentare gli strumenti di ascolto e dialogo con il mercato e con gli attori del cambiamento. Oppure: rimanere agili e proattivi, non temere i momenti di studio e riflessione, prepararsi per azioni rapide. E ancora: evitare stasi e reiterazione di comportamenti non più funzionali. L’immobilismo non paga perché il contesto cambia troppo velocemente. I decisori devono avere a cuore le persone che lavorano e dipendono dalle aziende. L’attuale generazione di leader non è forse abituata alla gestione emotiva delle persone che oggi – inevitabilmente – temono per il proprio futuro più che in passato.

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