Cosa ci dice del greenwashing la sentenza vinta da Alcantara 

In pratica, conferma cose che, senza nulla togliere all’importanza di quanto accaduto, sapevamo già e delle quali avevamo già scritto. Cioè: che la sostenibilità è una faccenda molto seria e avvilirla, come troppi materiali e brand fanno, a una fumosa cortina di marketing si può rivelare, come in questo caso, un boomerang esemplare. Speriamo sia solo la prima di una lunga lista per combattere il greenwashing

 

A volte arrivano prima le risposte delle domande. Per esempio, in questo caso. La domanda è datata 26 novembre 2021, giorno in cui il Tribunale Italiano di Gorizia dà ragione ad Alcantara in una causa intentata contro un produttore di materiali concorrenti. L’accusa, che diventa sentenza, è di greenwashing e, oltre a rompere il vetro dell’ipocrisia su questo argomento, ha il merito di aprire le porte all’interrogativo fatale. Cioè: dov’è il confine tra sostenibilità tangibile e quella delle chiacchiere? Per una risposta di un certo livello occorre andare a un mese prima. Il 18 ottobre, per la precisione, quando Michael Burke, CEO di Louis Vuitton, dice a WWD la vera verità sulla differenza tra approccio green e sostenibilità. Eccola: “Il lusso deve andare oltre le dichiarazioni buone per gli uffici PR. Deve impegnarsi in sforzi necessari, per quanto tediosi e lunghi. Se vogliamo arrivare a un cambiamento duraturo e realmente d’impatto, dobbiamo avere metodi condivisi per misurarlo. Altrimenti non si faranno progressi e resteremo fermi alle dichiarazioni delle public relations”.

La sentenza vinta da Alcantara

Il 15 luglio 2021 Alcantara ha presentato un ricorso contro Miko, società internazionale che produce Dinamica, una microfibra registrata “dall’aspetto simile al camoscio, ottenuta da un innovativo processo di recupero del poliestere”, si legge sul suo sito web. Dove si specifica che “il contenuto di fibra riciclata è variabile a seconda del prodotto e applicazione”. L’ennesima alternativa alla pelle, vien da pensare. Ma anche a un materiale che si pone in diretta concorrenza con altri player di alto livello, come l’italiana Alcantara. “Ritenevamo che quella di Dinamica fosse una comunicazione ingannevole – spiega il CEO di Alcantara, Andrea Boragno -. La Corte ci ha dato ragione”. Una vittoria epocale, per certi versi, perché “il greenwashing va spazzato via – continua Boragno -. Anche perché rischia di deviare investimenti su attività poco sostenibili rispetto ad altre che lo sono di più”.

Il greenwashing punito

Dinamica si promuoveva con alcuni claim che hanno convinto Alcantara a farle causa per greenwashing e il Tribunale di Gorizia a darle ragione. Per esempio: “100% riciclabile” e “amica dell’ambiente”. Oppure: ““La prima microfibra sostenibile e riciclabile”, capace di esprimere una “riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%”, “amica dell’ambiente”. Dichiarazioni che la Corte ha ritenuto appartenere al “fenomeno patologico del greewashing”. E ben distanti da “dichiarazioni ambientali verdi” che “devono essere chiareveritiereaccurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”. Mentre Dinamica ha presentato appello, a noi non resta che accogliere la speranza che questa sentenza (prima in Italia, tra le prime in Europa) non rimanga un caso isolato.

La sostenibilità non è un pranzo di gala

La sentenza di Gorizia ha l’aspetto di un richiamo. Forte, circostanziato, anche duro. Un appello a fare i fatti, a sporcarsi le mani, perché la sostenibilità non è un pranzo di gala. E le recenti parole sul tema di Maria Grazia Chiuri, mente creativa di Dior, lo ribadiscono con particolare chiarezza. ““Oggi parliamo di transizione ecologica, ma dentro c’è tutto. Nel nostro settore spesso non viene spiegata la complessità che c’è dietro questo sistema e come sia difficile fare scelte che non producano un impatto anche peggiore. I nuovi mezzi di comunicazione non permettono o stimolano la riflessione o un dialogo. I giovani sono sensibili all’argomento, ma bisogna trovare soluzioni fattibili. Spesso pensano che la transizione ecologica si possa fare in fretta, ma non è realistico – conclude –. Ho un ufficio estremamente giovane, con giovani che vengono da scuole d’eccellenza, ma a volte dicono cose naif, non si rendono conto della complessità”.

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