Nonostante la crisi energetica e la conseguente emergenza che soffoca filiera e consumatori, il lusso vola alto. Griffe e grandi gruppi chiudono la prima metà del 2022 con bilanci stellari e sembrano rimanere piuttosto ottimisti sull’andamento della seconda. Facciamo il punto della situazione
È difficile dire cosa accadrà fino alla fine del 2022 in un contesto così critico e volatile, ma il lusso vola alto e, insieme a molti gruppi del segmento premium, ha chiuso la prima metà dell’anno a tutta velocità. Non solo: vede anche un futuro roseo, al contrario di quanto percepiscono la filiera di fornitura e i consumatori che temono un inverno molto duro, con tagli alle spese per far fronte al caro energia e all’inflazione.
Il lusso vola alto
Gli ultimi bilanci dei gruppi del settore luxury esplicitano che le vendite in Cina, rallentate finora dalla strategia zero Covid di Pechino, hanno mostrato segni di ripresa a giugno e luglio. Quelle negli USA, seppur a un ritmo più lento rispetto al passato, stanno crescendo ancora, mentre l’Europa è stata sostenuta dal ritorno dei turisti americani, avvantaggiati dal cambio tra dollaro ed euro. Non a caso, lo shopping europeo, abbinato alla crescita della Corea del Sud, rappresenta la prospettiva più promettente, mentre la minaccia si chiama soprattutto recessione (in Europa e USA).
So far, so good
“So far, so good” è il commento di Luca Solca (analista senior del settore del lusso presso la società di consulenza Bernstein), sul primo semestre dell’industria del lusso. “Nonostante le notevoli preoccupazioni per le chiusure in Cina, i numeri del secondo trimestre e del primo semestre sono stati davvero molto buoni. Certo, una recessione avrebbe smorzato la crescita, ma – come ha detto il direttore finanziario di LVMH Jean-Jacques Guiony – stiamo entrando nel secondo semestre con un forte slancio“. (fonte Vogue Business).
Tutti i bilanci del primo semestre
“Hermès sarà probabilmente il player del lusso più resiliente in una recessione, nonché un luogo sicuro per coloro che cercano di mettersi al riparo” dice Solca. La griffe francese non solo ha riportato un aumento dei ricavi del 23% e creato 800 nuovi posti di lavoro, ma ha anche registrato un margine operativo del 42%, il livello più alto del settore. Tutto ciò aumentando i prezzi meno dei competitor. Kering è cresciuto del 16%, grazie al boom di Saint Laurent (+34%), ma subendo la frenata di Gucci (+8%). LVMH ha registrato un incremento del 21% e, grazie al rialzo dei prezzi di vendita, ha registrato un consistente aumento dei profitti operativi e dei margini.
Per continuare con i francesi, Chanel, che dichiara solo i dati annuali, ha registrato un ritmo di crescita a doppia cifra nei primi 5 mesi del 2022. Il minimo comun denominatore dei risultati di queste top griffe è la pelletteria, che va a gonfie vele e fa la fortuna dei vari brand. Per concludere con i giganti del lusso, arriviamo a Richemont, soffermandoci sulla categoria “Other”, che riunisce le maison di moda e accessori che possiede. La categoria ha registrato un rimbalzo dei ricavi del 28%. Meglio di quanto fatto da gioielli, orologi e distributori online, ça va sans dire.
Il botto di Boss
Il lusso italiano viaggia a ruota dei colossi transalpini. Brunello Cucinelli segna +28% (e prevede che il 2022 sarà un anno record), Moncler fa +27%, Prada +22%, Zegna e Tod’s +21%, Salvatore Ferragamo +17%. Negli USA, Tapestry (che possiede i marchi Coach, Kate Spade e Stuart Weitzman) ha chiuso l’anno 2021-2022 con un fatturato record (+15% sul 2021). Bene anche Capri Holdings (che controlla Michael Kors Jimmy Choo e Versace) che il 2 luglio ha chiuso il primo trimestre con un incremento annuale dell’8,5% (Versace +14,6%).
Ma meglio di tutti ha fatto Hugo Boss con un balzo del fatturato semestrale del 42%. Un vero e proprio botto. Nel gruppo dei brand prettamente calzaturieri, da segnalare il +48% del marchio Pollini e il +45% di Steve Madden. In primavera avevano toccato il record delle vendite Dr. Martens e Caleres. Male Ugg (-2%) e soprattutto Vans (-7%)
Previsioni
Come si muoverà il settore nel secondo semestre? “Non credo che gli investitori abbiano paura dell’inflazione, ma piuttosto del rischio di recessione in Europa e negli Stati Uniti. Il mercato sta mettendo in conto un forte rallentamento” dice Erwan Rambourg di HSBC. Ma anche in caso di recessione, il lusso è un settore più riparato di altri. Mario Ortelli (Ortelli & Co) sostiene che, “in caso di recessione, i clienti del lusso sono gli ultimi a entrare in crisi e i primi a uscirne”.
Adam Cochrane di Deutsche Bank Research prevede una decelerazione della crescita complessiva dal +15-20% del primo semestre al +10% circa del secondo semestre. “Nonostante il rallentamento dell’economia, non credo che ci sarà un grande rallentamento del lusso” spiega l’analista. Un’altra variabile sarà il comportamento della Cina, che è difficile da prevedere. Mentre il dollaro forte, che alimenta le differenze di prezzo tra i mercati, non è un motivo di preoccupazione. Un euro debole è utile per i marchi del lusso che producono in Europa e vendono altrove, conclude Cochrane: “Si ha un’espansione dei margini, soprattutto se si stanno già aumentando i prezzi per coprire l’aumento dei costi delle materie prime e dei trasporti”. (mv)
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