Notre-Dame riapre e l’evento diventa un’occasione “religiosamente fashion”. Le vesti che indosseranno i sacerdoti per la prima celebrazione le ha create un’icona della moda francese: Jean-Charles de Castelbajac. A lui il compito di ridisegnare il sacro, dopo aver dato vita, in carriera, al mondo casual
di Domenico Casoria
Le vesti indossate dai sacerdoti per le celebrazioni della riapertura della cattedrale di Notre-Dame, porteranno la firma di Jean-Charles de Castelbajac. L’ultrasettantenne stilista di nobili origini è un’icona in Francia. Durante la sua carriera ha contribuito a creare quello che oggi chiamiamo “casual”, imprimendo sugli abiti personaggi e storie sempre diverse. Un’eredità vivente che continua a essere fonte di ispirazione per i giovani designer, da J.W. Anderson ad Adrian Appiolaza.
Ridisegnare il sacro
Per le tonache degli ecclesiastici francesi, de Castelbajac si è fatto guidare dalla luce, soffermandosi sul ritmo cromatico dettato dall’oro delle vetrate. Per evidenziare la sua cifra stilistica, ha riprodotto alcuni simboli – tra cui la croce – alla sua maniera, lavorando a stretto contatto con i laboratori artigianali di Le19M, un hub creativo patrocinato da maison Chanel. Non è la prima volta che de Castelbajac collabora con un’istituzione come la Chiesa (aveva già vestito il Papa per la Giornata Mondiale della Gioventù nel 1997), ma il suo approccio è quasi sempre stato un unicum nel panorama della moda. A partire dall’uso dei colori primari, che si rifaceva alle tecniche medioevali e che gli era stato negato durante l’infanzia passata in un collegio anonimo. Nel 1977 apre la sua prima boutique a Tokyo, ma è con le sue collaborazioni legate al mondo dell’arte che lascia il segno.
Il casual come lo conosciamo
Nel 1974 lo stilista co-fonda Iceberg insieme a Giuliana Marchini e Silvio Gerani, coniugando l’eleganza della moda italiana con lo stile casual e sportivo. L’estetica del marchio univa il mondo pop ai fumetti della Warner Bros. Personaggi come Bugs Bunny e Daffy Duck lo rendono riconoscibile, avvicinandolo a un target più giovane. Sempre negli anni ’70 crea per Max Mara la linea Sportmax, che rivoluzionerà il modo di vestire di quegli anni. Alla collezione, che prendeva ispirazione dallo sportswear di stampo americano e dalla Swinging London, aggiunge colori vivaci e forme audaci. Nel corso dei decenni ha collaborato con marchi come Courrèges, Rossignol, Le Coq Sportif, Benetton, di cui è stato direttore artistico fino al 2018.
Un racconto continuo
Il lato meno conosciuto di Jean-Charles de Castelbajac è, però, quello che più ha impresso l’immaginario della nuova generazione di designer. Tra le sue cifre distintive, il racconto attraverso gli abiti è sempre stato al primo posto. Dai minidress con le sembianze dei personaggi delle favole, fino ai completi che riproducono alcuni quadri famosi. Una capacità narrativa simile a quella che oggi portano in scena J.W. Anderson, che per Loewe ha più volte dipinto giardini segreti, animali o fiori, oltre ad accessori che sembrano vivi. O a quella di Adrian Appiolaza, che per Moschino dipinge sugli abiti e sulle borse come su una tela bianca. Insomma, un modo di comunicare fanciullesco, personale, istintivo, e soprattutto reale.
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