Ti amo, ti odio: l’idillio tra moda e social è al capolinea?

Il primo a incrinare il rapporto tra moda e social è stato Daniel Lee, quand’era da Bottega Veneta. Poi, molti episodi hanno ritorto i social network contro le griffe, iniziando a far ipotizzare che questa love story sia giunta al capolinea. Potrebbe essere vero o, forse, è soltanto la fashion industry che sta cercando strumenti più controllabili per dialogare con la sua community

 

“I social media rappresentano l’omologazione della cultura. Tutti seguono il medesimo flusso di contenuti. Il mio lavoro è frutto di molti pensieri e riflessioni: i social media lo banalizzano”. È una frase pronunciata a The Guardian da Daniel Lee, quando era direttore creativo di Bottega Veneta, per spiegare perché la griffe avesse cancellato i suoi account sui social network. In questo modo Lee finì per rinnegare le piattaforme che gli avevano dato successo. Ma il designer non si è arreso. “Sui social c’è un tipo di bullismo che non mi piace. Noi non siamo solo un brand, ma un team di persone che lavorano insieme e voglio tenermi lontano da un’atmosfera che è troppo negativa”. Il caso Bottega Veneta è stato emblematico nell’evidenziare i lati positivi e i rischi del rapporto tra moda e social. I due si sono nutriti l’uno dell’altro per oltre un decennio. Ma ora in molti si chiedono se l’idillio sia giunto al capolinea.

L’idillio tra moda e social è al capolinea?

Se si prendono come riferimento i circa 70 milioni di like (record su Instagram) collezionati dalla campagna pubblicitaria di Louis Vuitton con Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, i dubbi possono essere accantonati. Con decine di milioni di follower tra Twitter, Facebook, Instagram e TikTok, da diversi anni le griffe hanno una visibilità come non l’hanno mai avuta prima e la pandemia ha notevolmente accelerato questa storia d’amore. Alcuni episodi, però, hanno incrinato il rapporto. Per esempio, il caso Balenciaga ha avuto una forte ripercussione negativa sul marchio. Due campagne pubblicitarie “sfortunate” (eufemismo) hanno gettato sul brand l’ombra della condotta acquiescente sul tema dell’abuso dei minori. E scatenato un putiferio sui suoi profili.

Episodi che creano il sospetto

Un altro esempio è quello di H&M che ha dovuto affrontare le conseguenze dei commenti negativi di Justin Bieber dopo aver commercializzato una collezione a lui dedicata. Ma al di là dei singoli casi, è emerso un certo disinteresse delle giovani generazioni verso alcune piattaforme. Per la prima volta nella sua storia, nell’ultimo trimestre 2021, Facebook ha perso utenti. I giovani, è noto, non lo amano. Twitter ha dovuto affrontare il subbuglio scaturito dall’arrivo del nuovo proprietario Elon Musk. Inoltre, sono ormai tante le soluzioni che hanno i fashion brand per non dipendere più solo da questi strumenti. A cominciare dal Metaverso e, soprattutto, dall’Intelligenza Artificiale.

Una questione di controllo

Intanto, però, il fashion system deve rispondere con urgenza a una domanda: come controllare la propria immagine sui social? La domanda non è banale, perché, tornando al caso Balenciaga, anche se la griffe non avesse avuto profili propri, le sue campagne contestate avrebbero comunque fatto scalpore sui social. “Il caso Balenciaga – commenta Andrea Scotti Calderini, CEO e co-fondatore di Freeda Media (fonte Pambianco) -: ha fatto emergere un nuovo step evolutivo. Cioè, dal brand che comunica si è passati al brand che conversa. Per cui, i contenuti pubblicati e veicolati sono quotidiani, il che significa che ci sono maggiori possibilità che capiti l’incidente mediatico”. Ma c’è anche un altro cambiamento in atto.

Addio influencer e fashion blogger

Lo fa notare su Elle Brenda Otero di Lyst. Secondo lei influencer e fashion blogger stanno perdendo potere. “Gli amanti della moda non hanno più bisogno di guardare gli influencer. Preferiscono sovrapporre stili diversi e incorporare influenze dall’universo digital, da Netflix, dalla musica, dai videogiochi e, ovviamente, da TikTok”. A Otero fa eco Linda Saieb, fondatrice della società Enjoy LHS Consulting.

“Le persone hanno bisogno di una vita dietro a un post dedicato ad un prodotto. Una vita di ragazze come quelle di Amina Muaddi, Violette Serrat e Gilda Ambrosio che hanno qualcosa da dire al di là di un prodotto“. Più che il disamore per i social network, quindi, si potrebbe trattare di una nuova direzione strategica. La modalità omnichannel sembra essere il sogno dei marchi di moda di oggi. È un modo per rivolgersi a tutte le generazioni, ma anche a tutti gli strati sociali. Cosa che i social, paradossalmente, non permettono più.

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