La moda di plastica: se non puoi batterla, tassala

Il mondo si interroga sulla necessità di decarbonizzare l’economia, mentre per i consumi fashion si continuano a produrre in grandi quantità fibre sintetiche da plastica vergine. Ma sta cadendo un tabù: se il prezzo è a renderle così competitive, un sovrapprezzo può ridurne il successo

di Roberto Procaccini

 

Il fatto simpatico è che, in molti ambiti, con l’espressione “di plastica” si intendono cose effimere. In linguistica, ad esempio, le “parole di plastica” (plastismi) sono quelle che non appartengono al linguaggio usuale, ma ci entrano velocemente (fino a diventare cliché) perché all’improvviso di successo nei media. Oppure in politica un partito è di plastica quando la sua forza non dipende dalle radici identitarie o sul territorio, ma dagli sponsor. Il fashion system, invece, fa eccezione: la “moda di plastica” è tutt’altro che effimera proprio per la sua concretezza. Con ricadute sull’oggi, quando la producono e la consumano, e sul domani del suo smaltimento, lungo quanto i tempi di degradabilità della plastica.

I materiali prevalenti

Poliestere, acrilico, nylon, elastan, gore-tex. Le fibre sintetiche rappresentano la parte preponderante dei materiali impiegati nella moda: di tutti i segmenti, dal basso verso l’alto. Certo, ci sono i progetti (grandi e piccoli) per il relativo riciclo e riutilizzo: ogni brand ha la propria collezione di accessori in materiali ricavati da “reti da pesca in disuso”, “plastiche che galleggiavano nell’oceano”, “vecchi indumenti rottamati” o quant’altro. Poi, ecco, ci sono pure le startup che lavorano ai tessuti “biosintetici”, alle nuove frontiere dei filati e alla rifunzionalizzazione delle materie prime secondarie.

Ma è poca roba. È tempo di riconoscere la verità e Business of Fashion non si tira indietro: niente è tanto competitivo per “prezzo, efficienza e volumi” quanto la plastica vergine. Quindi c’è poco da fare affidamento sull’idea che sul mercato arrivi una “nuova e migliore plastica” a scalzare quella tradizionale: servono ancora anni e investimenti ingenti. Nel frattempo, l’opinione pubblica e “i grandi della terra” si lambiccano il cervello sulla decarbonizzazione delle nostre economie e società.

Una tassa sulla moda di plastica

Tassa. BoF auspica l’adozione di un regime fiscale che appesantisca la filiera della plastica e renda i prodotti meno appetibili per il consumatore. Il modello di riferimento è quello francese, dove è in discussione un disegno di legge che prevede sovrapprezzi fino a 10 euro (purché non superiori al 50% del valore di vendita al consumatore finale) sui capi del fast fashion. L’idea è replicare, a tutela della salute dell’ambiente, il tipo di accisa posta su tabacco, zuccheri o alcolici a tutela della salute del consumatore. Vedremo se tali proposte di legge andranno avanti, perché le tasse sono sempre impopolari. E vedremo se funzionano: c’è già chi lamenta che si tratterebbe di una barriera doganale (giacché colpisce per lo più prodotti di importazione) sotto mentite spoglie e affila le lame dei ricorsi. (rp)

Foto Shutterstock

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