Emanuele Morelli, il creativo che con l’AI immagina mondi nuovi

Direttore artistico e AI Media Designer, Emanuele Morelli è tra i pionieri dell’intelligenza artificiale generativa applicata alla comunicazione visiva, al design e alla moda. In pochi anni ha elevato il ruolo del creativo in un ecosistema tecnologico in continua evoluzione. Ma dietro le immagini spettacolari di Morelli, c’è una riflessione profonda su etica, rischi e responsabilità, come ci racconta in questa intervista

di Domenico Casoria

 

Emanuele Morelli non è un semplice esecutore, né uno che lavora “solo” con l’intelligenza artificiale. È a tutti gli effetti un creativo. “Ho studiato fashion design al PoliArte di Ancona. Durante la pandemia avevo già iniziato con l’arte digitale. Quando OpenAI mi ha accettato, ho capito che era il mio mondo. Ho scritto la tesi sulle potenzialità dell’AI e da lì ho iniziato a pubblicare contenuti su LinkedIn. Così è nato il mio lavoro”. Morelli, in prima persona, lavora con la creatività. Non con quella automatizzata, ma con una sorta di fantasia aumentata.

Un nuovo ecosistema creativo

Il designer, però, ci tiene a sottolineare che “non è lo strumento a fare la differenza, ma chi lo guida”. E questo è il grande cambio di paradigma. “L’AI trasforma la mia visione in parole o immagini, ma prima c’è il testo, il concept, la storia. Io analizzo il brand, ci metto il mio 2% creativo e costruisco il racconto. La macchina è solo un mezzo“, dice ancora. Anche se, quando sono i brand a cercarlo, il gioco cambia. “Alcuni mi presentano un brief dettagliato, altri mi lasciano mano libera. Io li porto nella terra di mezzo, perché non sempre le aziende sanno come funziona l’AI – continua Morelli –-. Dico spesso che i marchi vanno riprogrammati, perché per lavorare bene con l’intelligenza artificiale bisogna cambiare anche i processi”. Un monito, quasi, ai marchi che si stanno affacciando adesso a questo mondo. “Serve tempo per sviluppare una strategia, e l’obiettivo non può essere solo tagliare i costi. Lo storytelling è fondamentale.”

Rischi

Come ogni novità, l’intelligenza artificiale si porta dietro rischi e potenzialità. “Il rischio etico è enorme. L’AI non genera modelli normali, non rappresenta la realtà in termini di razza, genere, corpi. Nella moda, dove si parla di inclusività, questo è il vero grande problema. Io sono promotore della responsabilità del creatore, non dell’AI. Quando ho carta bianca, cerco di essere eticamente giusto”.

Potenzialità

Le potenzialità, invece, sono praticamente infinite. Quella più importante, secondo Emanuele Morelli, riguarda il tempo come nuovo approccio creativo. “Ci vuole poco tempo, sia professionalmente parlando, che fattivamente. Prima servivano molte skill, ora bastano buone idee. L’AI permette di elevare la propria professione, democratizzandola. Io sono passato da studente a direttore creativo in due anni. I miei dipendenti sono gli strumenti che uso. Ma a livello artistico è indifferente: la qualità dipende dalle idee e dagli input”. Ci sono comunque una serie di rischi, che per il creativo dipendono dalla regolamentazione. “I governi sono lenti, non ci sono vere tutele. È un far west. Mi è piaciuto molto quello che ha fatto Copenaghen: permettere il copyright sul proprio volto. È un passo importante per mettere un argine al deep fake”.

Direttori creativi in progress

Si parlava delle incognite, perché una delle critiche più frequenti all’AI è che, prima o poi, finirà per prendere il sopravvento sul fattore umano, o peggio, su quello emozionale. “Non credo che l’intelligenza artificiale possa davvero sostituire i direttori creativi. Non conosce il marchio, lo interpreta in modo generico. Io invece lo interiorizzo, lo vivo. Serve comunque un buon architetto.” Certo, va detto: se non rimpiazzarlo, potrebbe almeno affiancarlo. Del resto, lo stesso Morelli ha già realizzato un’intera collezione per un brand di moda. “Uscirà nell’estate del 2027, ma non è lusso.”

I brand a che punto sono?

Infine, l’invito ai marchi, che spesso per Morelli non sono ancora pronti a questo nuovo paradigma creativo, o che non ne conoscono le potenzialità. “Si sentono forzati e questo porta a risultati disastrosi. La parola d’ordine è strategia.” Morelli vanta già clienti di peso nell’industria della moda. Basti pensare a Lanvin o Sergio Rossi. Ma “i marchi per eccellenza con cui vorrei lavorare sono Iris Van Herpen e Balenciaga. Sempre tenendo in mente che è la persona a fare il lavoro”. Insomma, nel futuro dell’AI (e della moda) la differenza la farà sempre chi immagina. Disegnando mondi che ancora non esistono. In altre parole: siamo salvi.

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