Il second hand è l’imperativo del momento. Al punto che le griffe sono arrivate ad elevarne la mission anche sotto il profilo creativo, recuperando la ricchezza dei loro archivi. Ma, allo stesso tempo, investono in massa in piattaforme di rivendita dell’usato, quello “vero”. Ma il successo, nonostante la pressione della domanda, non è così scontato, come spiega Zalando
Zalando non ha bisogno di presentazioni. E così i suoi bilanci che, nel primo trimestre 2021, hanno registrato una crescita eccezionale con il +46,8% dei ricavi, arrivati in tre mesi a quota 2,2 miliardi di euro. Da spiegare, semmai, è la decisione, datata 2020 di avviare un progetto di rivendita interno alla sua piattaforma. Un progetto che, dopo alcuni mesi dalla messa online, ha dato all’e-tailer tedesco una, forse imprevista, occasione di riflessione. Perché quello che una volta era vintage e oggi si chiama second hand può avere un confine nella fiducia del consumatore.
Il servizio di Zalando
Il servizio pre-owned di Zalando consente ai suoi iscritti di vendere e acquistare capi di seconda mano. La procedura è gestita dalla casa madre tedesca. Gli articoli sono sottoposti a controllo della qualità, sono catalogati così da essere visionabili dagli utenti e godono dei servizi Zalando in fatto di spedizione, opzioni di pagamento e resi. Dopo la vendita, gli inserzionisti ricevono un buono da spendere sulla stessa piattaforma. Oppure possono fare una donazione a uno dei due partner dell’iniziativa: Croce Rossa Germania o WeForest.
La pressione della domanda
Ebbene: pochi mesi dopo David Schneider, co-fondatore della piattaforma tedesca spiega quanto segue all’inserto L’Economia del quotidiano Il Corriere della Sera. “Da una parte riscontriamo un aumento significativo nella domanda di articoli second hand. Dall’altro vediamo un divario tra attitudini e comportamento di acquisto”. Una vera e propria discrasia sottolineata da numeri molto eloquenti. “Una nostra ricerca condotta su 5 mercati europei, tra i quali l’Italia, evidenzia che il 61% dei consumatori ritiene che comprare vestiti di seconda mano sia un ottimo modo per fare acquisti sostenibili. Mentre il 49% pensa che i brand che offrono una sezione o un punto di vendita ad hoc aiutino ad agire in modo più sostenibile”. Quindi, tutto bene? No.
La fiducia del consumatore
Secondo Zalando, manca l’ultimo (definitivo?) salto di qualità. “Quando si va a vedere qual è il comportamento reale dei consumatori – spiega Schneider –, si vede che solo il 25% di loro acquista con regolarità prodotti usati. Alla domanda sul perché ci sia questa differenza tra intenzioni e abitudini, molti parlano delle preoccupazioni per l’igiene e della mancanza di opzioni convenienti. Per questo una delle nostre raccomandazioni più forti rivolte alle aziende è di usare un linguaggio comprensibile”. Quello che ancora manca del tutto, insomma, è la fiducia del consumatore.
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