Tutti dicono “second hand”: perché?

È uno dei trend di maggior attualità e sembra avere sconfitto, a più livelli, una consistente serie di diffidenze. Il lusso di “seconda mano”, garantito e certificato, è diventato un modello di business di grande interesse per le griffe e la finanza. Che, non a caso, iniziano a investirci

Se una volta poteva sembrare (quasi) un vezzo, oggi è diventato un business miliardario. Se una volta faceva (quasi) paura, oggi riscuote un interesse che potremmo definire fatale. Il second hand, per il lusso, è uno dei trend più hot del momento. Il motivo è piuttosto chiaro. In altre parole, esplicita una caratteristica green sostanziale come quella della durabilità (premiando, in particolare, gli accessori in pelle). Non solo. Strizza l’occhio al concetto di circolarità e all’idea del “buy less, buy better”. E, come conseguenza ultima, vola in Borsa. Il che, alla fine, diventa una ragione sufficiente perché (come vedremo) certi dubbi e tensioni vengano messi in stand by.

Il valore commerciale

Secondo il report “LuxCo 2030: A Vision of Sustainable Luxury”, redatto da Bain & Company e Positive Luxury, il mercato del second hand varrà il 20% del fatturato di un brand di lusso sostenibile. I servizi di noleggio, ulteriore switch del mercato dei beni di lusso, un ulteriore 10%. Ribadisce il concetto Boston Consulting Group, per il quale il fashion reselling dovrebbe crescere dal 15 al 20% ogni anno fino al 2025. PwC prevede che il mercato raddoppi nei prossimi cinque anni, raggiungendo i 64 miliardi di dollari entro il 2024. Chiude il giro previsionale Kering che vede il second hand in crescita dal 21% nel 2021 al 27% nel 2023. Ciò farà sì che il valore del settore superi i 60 miliardi di dollari entro il 2025.

Il valore finanziario

I francesi di Kering parlano da diretti interessi. Infatti, hanno comprato il 5% del portale specializzato Vestiaire Collective. L’acquisto è arrivato attraverso la partecipazione del gigante del lusso all’ultimo round di finanziamento da 178 milioni di euro che ha spinto, per la prima volta, la valutazione della piattaforma di rivendita sopra il miliardo di dollari. “Poco”, in confronto ai 3,8 miliardi di dollari raggiunti da StockX, reseller di sneaker e prodotti streetwear che di recente si è aggiudicato 255 milioni di finanziamenti. Il second hand, quindi, vola altissimo. E vola in Borsa. The RealReal è stato il primo di questi marketplace a quotarsi, nel 2019. Ad ottobre 2020 Thredup ha presentato l’IPO. A gennaio 2021 Poshmark è entrato a Wall Street.

Le opinioni

Secondo Erika Andreetta, partner PwC, il second hand è in continua ascesa perché viene considerato uno strumento di sostenibilità e permette l’acquisto a prezzi competitivi. Luca Solca, analista di Bernstein, ritiene che il mercato del second hand possa crescere in modo strutturale. Quella in corso, dunque, non è una fiammata destinata a spegnersi in fretta. Non a caso, Solca ritiene che il mercato della rivendita sia un’opportunità anche per chi compra capi nuovi. “Il consumatore più smaliziato – dice – pensa che il costo di un prodotto moda non sia più il prezzo del cartellino, bensì il costo di acquisto meno il valore residuo che potrà ottenere sul mercato di seconda mano”. François-Henri Pinault, presidente e CEO di Kering, conclude il tutto spiegando che “nel lusso, l’usato è ormai una tendenza reale e profondamente radicata, soprattutto tra i clienti più giovani. Piuttosto che ignorarla, il nostro desiderio è cogliere questa opportunità per aumentare il valore che offriamo ai nostri clienti e influenzare il futuro del nostro settore verso pratiche più innovative e più sostenibili”.

L’invito

Mulberry, in ambito second hand, rappresenta un caso significativo. Ha avviato mesi fa un servizio di rivendita interno chiamato Mulberry Exchange. Servizio che consente ai clienti di scambiare articoli usati in cambio di crediti da spendere in negozio o per l’acquisto di pezzi di seconda mano autenticati e restaurati. Poi ha raccolto l’invito di Vestiaire Collective a entrare nel programma Brand Approved. Funziona così: i brand invitano i propri clienti più fedeli a rimettere in circolo i prodotti usati che non utilizzano più. Mulberry è il secondo marchio ad aderire a Brand Approved dopo Alexander McQueen. Da notare: Vestiaire Collective nel 2020 ha visto crescere di oltre il 100% il volume delle sue transazioni. “Il settore della rivendita nel suo insieme sta vivendo una rapida crescita, soprattutto tra i consumatori Millennials e Gen Z – commenta il CEO Maximilian Bittner –, che andranno a plasmare il panorama delle vendite al dettaglio del futuro”.

La pace

Troppi indizi fanno una prova gigantesca. Quella che il second hand va per forza preso in considerazione. Non è un caso, dunque, che dopo due anni e mezzo di battaglia legale, Chanel e The RealReal abbiano deciso di entrare in una temporanea fase di pace. A iniziare la guerra furono i francesi, accusando il reseller di “pratiche commerciali improprie”. La maison sosteneva che il portale avesse venduto come originali 8 suoi prodotti, comprese le borse, rivelatisi in realtà merce contraffatta. Ora Chanel e The RealReal hanno chiesto e ottenuto la temporanea sospensione per 3 mesi del procedimento giudiziario che li contrappone. Cercheranno la strada dell’accordo transattivo extragiudiziale. Qualcosa fa sospettare che lo troveranno.

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