C’era una volta il lusso accessibile

C’era una volta il lusso accessibile

Nel costante tentativo di segmentare il mercato del lusso in base alla sua maggiore o minore esclusività, per anni quello “accessibile” è stato per molti un fattore identitario. Oggi, però, definirsi tali somiglia quasi a una condanna

Il territorio è quello dei “se” e dei “potrebbe”. E rischia di diventare quello del “mai”. Per anni, il cosiddetto lusso accessibile è stato un segmento identitario della fascia alta. Quasi la sua porta di ingresso dalla quale intravedere la dimensione del top assoluto, mantenendosi, però, alla portata di un mercato di consumatori molto più vasto. Ora, però, questo spazio sembra diventato molto scomodo. Il perché lo spiega l’analista Erwan Rambourg alla testata cinese Jing Daily.

C’era una volta il lusso accessibile

Il punto di partenza analitico è la piramide del lusso. La vedete nell’immagine. Nello spazio al vertice hanno i piedi ben saldi griffe come Hermés, Bottega Veneta, Dior. Al centro c’è una sorta di spazio di transito. Un ponte dove si situano le linee più esclusive di marchi storicamente “accessibili”, come Michael Kors, insieme a brand del calibro di Longchamp e Mulberry. Sotto, alla base, c’è chi potrebbe (vorrebbe?) tentare il grande salto e, invece, rischia la retrocessione. Perché a rimaner troppo, soprattutto alla luce delle pulsioni pandemiche attuali, in quella zona è diventato molto rischioso. Anzi, moltissimo. Per quattro ragioni.

Le quattro ragioni

Numero 1: viviamo un momento storico in cui il diktat sembra essere “compra meno, compra meglio”. Ne deriva che, quando i consumatori decidono di spendere soldi per una borsa, preferiscono comprare un prodotto di segmento più alto, anche se più costoso.

Numero 2: “Non essere realmente globali potrebbe essere un problema”, dice Rambourg. Infatti, player storici del lusso accessibile come Coach e Michael Kors, sono ancora troppo americanocentrici. E questo è un grosso limite.
Numero 3: la presenza dei prodotti negli outlet o con forti promozioni limita ed erode il prestigio dei brand.

Numero 4: lo sviluppo del second hand. Perché comprare una borsa nuova “accessibile” quando, allo stesso prezzo, ne trovo una usata di una griffe che sta al vertice della piramide? La risposta suona quasi come una condanna.

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