Siamo stati a Seoul, dove il futuro è oggi e l’esperienza è un rito

Un mix unico di cultura, arte e stile. Secondo Wallpaper Magazine Seoul è la Top City del 2024. Ci siamo stati per scoprire cosa la rende così attrattiva. Così indispensabile per tutte le griffe. Così unica nei suoi paradigmi commerciali, creativi, nei suoi contrasti da essere diventata l’avamposto di una nuova dimensione del lifestyle

 

di Luca Fumagalli

 

Si entra a gruppi di tre, lasciandosi alle spalle una fila di almeno 40 persone che nel corso della giornata (è la tarda mattinata di un sabato di aprile) aumenterà in modo significativo. Sei a Seoul, nel quartiere di Seongsu, e credi di essere entrato nello store di uno dei marchi coreani di streetwear di maggior tendenza. Invece, ti ritrovi ad attraversare una sala d’accoglienza completamente vuota non fosse per la presenza di uno schermo che proietta alcune immagini ruotate di 90° e, al centro della stanza, di qualcosa che non avresti mai immaginato di trovarti davanti.

Uno spiazzante cratere da impatto. Superi lo stupore e, varcando la soglia successiva, inizi a sospettare che stai camminando attraverso un’installazione artistica. C’è un astronauta appeso al soffitto come se stesse fluttuando nello spazio appeso alla sua navicella. È senza testa: dal collo gli escono felci e fiori. Il suo casco è a terra, in mezzo a un cumulo di polveri spaziali. Attorno, altri reperti di un naufragio spaziale. Giri a sinistra e, in mezzo a uno specchio d’acqua scavato su un pavimento di cemento – grezzo come la maggior parte di tutta la struttura interna – è sospesa una piccola navicella spaziale. Di fronte, si apre uno dei camerini di prova, allestito come la capsula notturna dell’astronauta.

Ti sposti al centro e, finalmente (o forse no) compaiono t-shirt, felpe, pantaloni, scarpe, piccoli accessori di pelletteria. Sei appena entrato nello store di Ader Error. Ma – ancora non lo sai -, in realtà sei appena entrato in una metafora di Seoul, metropoli dove il futuro è oggi e l’esperienza è un rito.

Dove il futuro è oggi

Secondo Wallpaper Magazine – tra le più autorevoli piattaforme editoriali specializzate in “contemporary lifestyle” – Seoul è la Top City del 2024. Un primato raggiunto, si legge online, grazie “a un mix unico di cultura, arte e stile, che si fa globale grazie a una nuova ondata di creativi dinamici” che la candidano “a diventare uno dei centri di stile e cultura più influenti del pianeta”. Ci siamo stati e, nonostante tutti i suoi contrasti, le sue contraddizioni e un particolare modello di conservatorismo sociale, possiamo dire che, sì: è proprio così.

“La Corea del Sud – spiega Orietta Pelizzari, global fashion consultant di Lineapelle – ha cresciuto e educato la generazione del futuro contemporaneo. Rispetto, curiosità, voglia di capire e apprendere. Condividere il lavoro come una vera passione. Precisione, organizzazione. Il tutto senza vergognarsi di essere anche frivoli”. In tutto ciò, “la cultura è la parola primaria, tanto che diventa il rito che permette di conoscere, capire e apprezzare un’esperienza ed un prodotto”.

Cura, esperienza: tempo

Time is luxury” ci dice la top manager di uno più importanti retailer di fascia alta di Seoul. “Time” diventa, così, la parola che guida ogni percorso che facciamo attraverso alcune delle tante anime della metropoli. A partire da quella più tradizionale, immersa tra le tradizionali case hanok del quartiere di Bukchon, dove alcuni “addetti al silenzio” in pettorina gialla invitano ad abbassare la voce per non disturbare i residenti. Per arrivare a quella più lussuosamente fashion, che risalta tra le essenziali e rigorose esposizioni di abiti, calzature e accessori di uno dei top mall di Seoul, Boontheshop, dove il concetto del “saper scegliere per te” si traduce nella sublimazione del concetto di “cura del servizio”.

La stessa, vien da pensare, che si applica al modo in cui lo sport del golf ha colonizzato il retail fashion. Il golf in Corea è diventato una disciplina (quasi) di massa, la cui crescita è andata di pari passo con l’emancipazione economica del Paese e l’imporsi di alcuni suoi atleti a livello internazionale (è coreana, per esempio, la medaglia d’oro olimpica femminile di Rio de Janeiro 2016: Park In-bee). Non è, dunque, un caso che in alcuni department store di Seoul esistano interi piani che ospitano le boutique delle griffe globali dedicate (esclusivamente) alle loro collezioni per il golf.

Destinazione lifestyle

“Seoul e la Corea del Sud – continua Pelizzari – hanno basato tutto il loro sviluppo sul concetto di creare per rinnovare ed essere all’avanguardia, rispettando e rivalutando le tradizioni, cercando di essere occidentali, ma senza scendere a compromessi con il proprio credo”. Il risultato di questo percorso è, per chi deve analizzarne e capirne il mercato, la volontà da parte della cultura coreana di mostrarsi perfetta, rispettando – come se tutto fosse materia di progetto, come se tutto fosse rituale – ogni dettaglio, ogni regola, ogni richiesta di ordine.

L’approccio al mondo del beauty è la migliore espressione di questa volontà. Ci vuole tempo per affrontare un’esperienza d’acquisto nel flagship store di Sulwhasoo, marchio leader del beauty coreano, il cui design – come ricorda Wallpaper intervistando l’architetto che l’ha progettato, Choi Wook (One O One Architects) – riflette “la tradizione coreana di giustapporre immagini con una logica strutturata per esprimere idee, come si osserva nell’alfabeto Hangul”. Tradizione, modernità, avanguardia sommati (anzi, “giustapposti”) in un’equazione che ottiene risultati difficili da definire, ma che si assimilano per osmosi, gustando un dolce da Cafe Onion, a Seongsu.

Accolti dall’incipit di This Is Water dello scrittore David Foster Wallace, ci si ritrova in un vecchio laboratorio industriale abbandonato a livello stradale, nelle vicinanze del distretto cittadino che un tempo brulicava di fabbriche di scarpe. Qui ben poco è stato rimesso a nuovo (o così sembra), creando una location difficile da raccontare a parole, dove il moderno si sovrappone al diroccato creando un mix d’avanguardia unico nel suo genere. Molto coreano e molto accogliente. Molto orientato alla definizione di un nuovo modo di intendere moda, design, arte, architettura, beauty e tutto quanto: il lifestyle.

Una nuova visione

Per concludere il nostro viaggio torniamo all’inizio, nello store di Ader Error. La sua storia è perfetta per sintetizzare le ragioni dell’hype che circonda, oggi, Seoul. Il brand nasce nel 2014. Lo fondano 4 soci che rimangono anonimi. Coinvolge uno staff creativo multidisciplinare e si presenta come una sorta di sottocultura made in Korea basata su regole ben precise (guarda un po’…) a partire dalla produzione progettualmente limitata. “Per noi moda e abbigliamento – disse alcuni anni fa a WWD uno dei fondatori del marchio – sono un mezzo per comunicare”. Cosa? Il marchio come esperienza immersiva, ancor prima del prodotto. Per riuscirci, nel modo giusto serve un progetto ben definito. E serve tempo per portarlo fin dove si vuole che arrivi. Ovvio: “È una nuova visione per la moda”.

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