Capire il consumatore coreano per capire dove va il mondo

Il consumatore coreano è un trend setter asiatico, un influencer. Ma se lo definissimo solo così, ci limiteremmo solo a guardare il dito, perdendo di vista la luna. Perché il retail di Seoul è un laboratorio sperimentale che offre ai brand una palestra innovativa per evolvere modi, spazi e strategie di vendita. Ecco perché

 

di Luca Fumagalli

 

È un mondo che richiede conoscenza e consapevolezza. Un mercato che, al rigore dei propri modelli comportamentali e delle sue regole sociali, abbina non solo una smisurata fame di lusso e moda. Vuole qualità (tangibile), attenzione, cura (maniacale), rispetto, estetica e bellezza. Vuole “sapere”, per poter essere in grado di valutare la vera unicità di ogni progetto che gli viene proposto. È, anche, un mercato virale, perché sa di poter influenzare le tendenze di consumo oltre i suoi confini, in particolare quelli che lo dividono dalla Cina. È la Corea del Sud. È Seoul.

“I coreani sono persone naturalmente molto sensibili alla moda – ci dice Chaty Lee, docente di Design Management presso Hongik University, nonché fondatrice e direttore creativo del brand Ekatrina New York –. Tuttavia, a causa della nostra struttura sociale, non siamo abituati a esprimere ciò che vogliamo in pubblico o immediatamente”. Ma molto sta cambiando in una direzione che ci permette di estremizzare la considerazione che capire il consumatore coreano significa (in buona misura) capire dove va un certo tipo di mondo.

Capire il consumatore coreano

“Vedo enormi differenze rispetto a dieci anni fa – continua Cathy Lee -. Le nuove generazioni coreane, così aperte ai social media, sanno cos’è il lusso, ne capiscono l’heritage e anche cosa significa esprimere se stessi attraverso la moda. Quindi, credo che il nostro futuro, sotto questo punto di vista, sia molto luminoso”. Secondo Lee Seung Ik, stilista e docente del dipartimento Textile Art and Fashion Textile di Hongik University, “tutti i differenti clienti coreani del lusso e della moda condividono un comune apprezzamento”.

Per cosa? “La qualità, il design e l’espressione di sé”. In Corea, “il possesso di oggetti di lusso è spesso considerato fondamentale per evitare sentimenti di insignificanza sociale. Molte persone lo associano fortemente alla dimostrazione del proprio valore”. Per questo, “la Corea si distingue come uno dei maggiori investitori al mondo in beni di lusso e i clienti del lusso sono spesso molto attenti alla moda e apprezzano la qualità, l’artigianato e l’innovazione. I consumatori sono disposti a sperimentare nuovi stili e non sono più definiti esclusivamente dai prodotti, ma anche dalle esperienze fornite dai brand”.

L’esperienza che ti definisce

L’acquisto come conseguenza, il possesso come risultato di un percorso che va molto oltre il banale atto di strisciare una carta di credito. In Corea, continua Chaty Lee, “riteniamo che qualcosa che non possiamo comprare abbia più valore. Qualcosa come il tempo, l’esperienza, l’amicizia, la fiducia, le relazioni. Qualcosa di intangibile ha più valore di qualcosa di tangibile”. Quindi, il servizio durante e dopo la vendita. “In Corea è molto importante. Anche se un marchio è bello, se non possiamo ricevere il servizio adeguato e che meritiamo, spesso esitiamo a investire i nostri soldi”.

Desiderio di equilibrio

Il riflesso di quest’ultima considerazione spinge l’analisi del mercato coreano su un altro livello. “L’enfasi sul tempo e sull’esperienza nel mercato coreano – ammette Lee Seung Ik – riflette valori culturali e tendenze sociali più ampie”. Tra queste, per esempio, ci sono “il desiderio di equilibrio tra lavoro / vita privata e di connettività sociale. Il rapido sviluppo economico della Corea del Sud ha favorito una forte enfasi sul lavoro e sui risultati accademici.

Di conseguenza, i coreani spesso hanno orari impegnativi con tempo libero limitato. Pertanto, quest’ultimo diventa particolarmente prezioso, portando a un maggiore apprezzamento per le esperienze che offrono divertimento e soddisfazione. Negli ambienti urbani, dove lo spazio è limitato e il ritmo della vita è veloce, le persone cercano esperienze come un modo per sfuggire al trambusto della vita quotidiana”.

Capire dove va un certo tipo di mondo

Sembrano teorie. Non lo sono. A Seoul rappresentano una pratica stringente, quasi ossessiva che, una volta vissuta, fa cambiare il modo in cui considerare gli spazi e i momenti connessi a qualsiasi attività di retail. In altre parole: la definizione di sé e del proprio lifestyle passa attraverso la cura che ci si aspetta di ricevere da ogni esperienza commerciale e culturale, a prescindere (inizialmente) “dal prodotto”. Può essere la ricerca di un paio di occhiali sotto lo sguardo robotico delle stupefacenti installazioni robotiche di Gentle Monster (nella foto).

Oppure lo stupore che si può provare entrando nell’inatteso spazio sotterraneo della Starfield Library, presso il COEX Mall. “Comprendere il mercato è essenziale, soprattutto per cogliere le caratteristiche uniche del mercato coreano, inclusa l’enfasi sulla qualità, sull’innovazione e sulla reputazione del marchio, è importante per attirare i consumatori – continua Lee Seung Ik -. Per trasmettere la filosofia del marchio con una dichiarazione potente, i coreani sono molto attenti all’esperienza complessiva del cliente, in particolare all’ambiente fisico all’interno dei negozi del marchio. Questi servizi sono progettati per migliorare l’esperienza del consumatore e presentano un’estetica instagrammabile, in linea con la vivace cultura dei social media del Paese”.

Seoul, specchio globale

“I flagship store e i pop-up store in Corea del Sud – conclude Lee Seung Ik – generalmente fungono da piattaforme per la sperimentazione e l’innovazione. Ciò consente alle aziende di testare nuovi concetti, interagire direttamente con i clienti e distinguersi dalla concorrenza”. Strategie che, se a Seoul sono necessarie per qualsiasi brand voglia approcciare il suo mercato, dalla stessa metropoli coreane si riflettono come in uno specchio che abbraccia l’orizzonte globale.

Per fare breccia a Seoul, conclude Chaty Lee, “devi unirti alla comunità, comprendere la cultura e il modo in cui pensiamo: diventare uno dei nostri membri. Dobbiamo sentirci a nostro agio nel comprendere, acquistare, ricevere, progettare e far parte della comunità di quel marchio. Penso comunque che tutto valga anche per il mercato globale, non solo per la Corea”. Forse sì, ma non ancora del tutto.

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