L’orizzonte no stock dei brand e come rivoluziona la filiera

C’è chi lo persegue da quasi 100 anni e ne ha fatto uno dei tratti distintivi della sua offerta creativa e produttiva. C’è la Francia che l’ha trasformato in legge, varando il decreto “antigaspillage”. Ci sono le griffe che lo stanno traducendo in una nuova regola. E i fornitori sono costretti ad adeguarsi alla filosofia no stock che punta a ridurre al minimo invenduto e magazzini

 

Esclusività. La strategia intrapresa da Hermès fin dal 1929, anno in cui Lola Prusac disegnò la prima collezione di moda femminile della griffe, si sta rivelando doppiamente corretta quasi un secolo dopo. Che da sempre sia stata e sia vincente a livello commerciale è un tratto identitario della maison francese, ma negli ultimi mesi il suo produrre in modo da non subire il peso dell’invenduto ha incassato un indiretto e significativo endorsement. Dallo scorso gennaio, infatti, è entrata in vigore in Francia (ma molti altri Paesi sembra vogliano adeguarsi) la legge “antigaspillage” per la moda che proibisce di conferire in discarica i prodotti invenduti. L’onda, dunque, spinge verso un orizzonte no stock. Il che apre questioni sostanziali per la filiera dei fornitori.

Orizzonte no stock

Le griffe non solo hanno preso provvedimenti per ridurre lo stock in magazzino, ma stanno cambiando mentalità e si avvicinano sempre di più al concetto “produco dopo l’ordine”. Un altro input coinvolge il processo creativo. Per anni i designer hanno prima disegnato e poi avviato la ricerca dei materiali per realizzare il progetto. Ora invece (anche se non per tutte le collezioni stagionali) disegnano il prodotto tenendo conto delle giacenze di magazzino. Anzi, sono proprio i materiali in stock a innescare l’ispirazione. Ma non è solo questo.

La reazione delle griffe alla provocazione no stock

Per esempio, il gruppo Kering ha investito nell’intelligenza artificiale per gestire al meglio le proprie scorte. LVMH ha detto che cercherà di capire di più i propri clienti per anticiparne le intenzioni di acquisto. Ma se tutto ciò non dovesse funzionare, altre soluzioni sono già state pianificate. In altre parole: vendere i prodotti a prezzo di costo ai propri dipendenti oppure donarli ad associazioni benefiche. Quindi: nessuna vendita a prezzo scontato o in promozione: il lusso non le ama e le rifugge, perché creano un danno enorme all’immagine del marchio.

La filiera si adegua

Alla luce di tutto ciò, la filiera produttiva deve adeguarsi. In linea generale ci sono controlli più frequenti e disposizioni più rigide da parte delle maison. Gli inventari dei terzisti da semestrali sono passati a mensili, se non settimanali. Le quantità prodotte e spedite devono rispecchiare esattamente quelle ordinate (la tolleranza è del 2-5%). I materiali giacenti vengono recuperati e utilizzati per limited edition o progetti speciali.

La virtù di Hermès

In questo contesto, tornando alle prime righe, la griffe più virtuosa è Hermès, che ha eliminato il problema dell’invenduto alla radice. La sua strategia di produrre meno quantità rispetto alla richiesta creando lunghe liste di attesa e alzando il livello di desiderabilità del marchio funzionava già nel 1929. Come detto: oggi funziona ancora di più. (mv)

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