Quello che avrebbe dovuto essere il 2021 e si spera sarà il 2022

L’anno che si è chiuso da poco non ha innescato la generalizzata ripartenza che tutti speravano. E i cambiamenti affrontati dalla filiera della fashion & luxury Industry paiono (ancora) più contingenti che strutturali. Appurato che il 2021 non è stato quello che avrebbe dovuto essere, cosa accadrà, allora, in questo 2022?

 

C’è stato il 2020 che sarà ricordato, purtroppo, nei libri di storia ed è inutile spiegare perché. Poi è arrivato il 2021 che per un certo periodo ha (quasi) illuso che le cose potessero ritrovare una certa, differente normalità. Ma si è messo di mezzo Omicron e tanti saluti. Ecco allora che, nell’ambito della fashion & luxury industry(come in ogni altro, del resto) tanto sarebbe dovuto cambiare, mentre forse non è successo, perché tutto è ancora vittima di una volubilità emergenziale che offusca l’orizzonte. Griffe e filiera si sono adattate alla criticità, in attesa che la desiderata, per ora indecifrabile, ripartenza permetta davvero di rendere strutturali progettualità varie ed eventuali. Quello che avrebbe dovuto essere il 2021, insomma, non lo è stato e, ora, si attende quello che si spera sarà il 2022.

Quello che avrebbe dovuto essere il 2021

Prendiamo la moda e le sue rappresentazioni. In altre parole, le sfilate. Come scrive NSS Magazine, il suo calendario “è stato solo in parte ripensato. La moda ha provato a ripensare le sue priorità, trovando nuovi modi di intrattenere il pubblico. Lo show di Balenciaga e la collaborazione con i Simpson è stato un ottimo esempio di questo processo”. Il che dimostra come la leva crossmediale abbia rafforzato le sue dinamiche, relegando progressivamente in un angolo quella richiesta di rallentamento creativo e produttivo invocato nel 2020 da Giorgio Armani. Provocazione a cui molti aderirono (a parole), tornando appena possibile (nei fatti) a spalmare collezioni definendole in nuovi modi e maniere. Il fattore “collaborazioni”, di cui scriviamo qui, ne è un evidente esempio. È indubbiamente esplosa la moda dell’upcycling (come se fosse una novità incredibile…), ma quel che pare è proprio questo: una moda, un must oppure un’affare da startup, non un macromodello di business.

Ipervirtualità e fast fashion

C’è stato, nel 2021, il boom di questo discusso Metaverso in cui (più o meno) si stanno buttando tutti, al punto che qualcuno ci sta vendendo proprietà immobiliari o ci si sposa. Se in modo del tutto superficiale questa ipervirtualità potrebbe portare alla memoria la bolla di Second Life, da un altro punto di vista il valore degli investimenti del lusso, NFT compresi, richiede una riflessione alla luce della consapevolezza che la domanda, stringi stringi, è sempre la stessa: durerà? Perché, a ben vedere, potrebbe essere che vada a finire come le tante, edotte, forbite, previsioni sul declino rovinoso del fast fashion causato da un consumo molto critico in questa nuova era aperta da Covid. Beh, non è andata così. Lo dimostra, come ricorda NSS Magazine, “uno studio pubblicato da McKinsey a maggio del 2021 che ha messo in evidenza come circa il 90% di quello che viene prodotto venga effettivamente messo da parte”. Insomma, tutto è cambiato, ma niente è diverso.

Quello che si spera sarà il 2022

Apriamoci qui alla speranza. Proviamo a immaginare quello che sarà il 2022. Lo facciamo facendo nostre le previsioni di Erwan Rambourg, uno degli analisti del lusso più autorevoli. A suo dire la crisi pandemica è stata la sveglia per i marchi su diverse questioni in cui erano in ritardo. Per esempio: vendite online, servizi alla clientela locale e su temi ambientalisociali e di governance. In questi ambiti le cose sarebbero cambiate davvero, al punto che il 2022 per il lusso potrebbe essere un anno da record. Forse il primo di un decennio, azzarda Rambourg, grazie alla spinta delle acquirenti di sesso femminile, asiatiche (in particolare cinesi) al primo approccio con le griffe. “Il lusso nel 2022 dovrebbe essere sia locavoro che onnivoro. Locavoro (come locale, ndr) nel senso che la clientela principale del settore, quella asiatica, ha poche possibilità di riprendere i viaggi in Europa o negli Stati Uniti. I consumi dovrebbero quindi rimanere prevalentemente locali, almeno fino alla fine del 2022. Onnivori nel senso che il lusso dovrebbe continuare il consolidamento dei grandi player. Il 2022, l’Anno della Tigre – conclude Rambourg –, dovrebbe rivelarsi ulteriormente ruggente con vendite, margini e ottimismo. Il lusso andrà più veloce, più in alto, più forte, insieme”.

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