Nel 2020, la Commissione Europea ha rilevato che il 53% delle dichiarazioni ambientali erano fuorvianti o infondate e che il 40% “non era comprovato”. Tre anni dopo, con una proposta di direttiva, va a testa bassa contro il greenwashing
Nel 2020, la Commissione Europea ha rilevato che il 53% delle dichiarazioni ambientali esaminate in sede comunitaria erano “vaghe, fuorvianti o infondate” e il 40% “non era comprovato”. Da qui il bisogno di intervenire per proteggere i consumatori. Le priorità individuate sono ben precise. Primo: vietare le dichiarazioni ambientali generiche e senza fondamento. Secondo: proibire l’obsolescenza programmata. Terzo: garantire l’offerta di pezzi di ricambio e materiali di consumo anche non originali. Da allora l’Unione Europea ha fatto notevoli passi in avanti nella lotta al greenwashing. Infatti, nelle prossime settimane Bruxelles dovrebbe votare una proposta già concordata e approvata.
A testa bassa contro il greenwashing
Il cammino è partito il 22 marzo 2023 quando la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva sulle dichiarazioni green. Il 9 maggio 2023, in sessione plenaria, il Parlamento Europeo, con 544 voti favorevoli, 18 contrari e 17 astensioni, ha deciso che occorrono “nuove norme per migliorare l’etichettatura e la durabilità dei prodotti e porre fine alle dichiarazioni ingannevoli”. Tutto ciò fa parte del primo pacchetto sull’economia circolare. A settembre Bruxelles ha rivisto ed elaborato la proposta di marzo e ha raggiunto un accordo provvisorio sulle nuove regole contro le affermazioni fuorvianti sulla sostenibilità. Le norme devono ancora essere approvate dal Parlamento e dal Consiglio Europeo. Questa votazione dovrebbe svolgersi a novembre. L’obiettivo è proteggere i consumatori dalle pratiche ingannevoli e aiutarli a fare scelte di acquisto migliori.
Cosa sarà vietato
Ma cosa sarà vietato? Per esempio, indicazioni ambientali generiche (come “amico dell’ambiente”, “naturale”, “biodegradabile”, “neutrale per il clima” o “eco ed ecologico”), senza che ci sia una prova chiara di tale affermazione. Le etichette di sostenibilità sui prodotti avranno validità solo se basate su “schemi di certificazione approvati” o emessi da un’autorità pubblica, come un governo. Inoltre, non sarà più consentito affermare che un prodotto ha un impatto ambientale neutro, limitato o positivo sulla base di un sistema di compensazione. Un classico esempio di tale schema è la compensazione delle emissioni di CO2 attraverso la piantumazione di alberi. Le aziende dovranno indicare la durata di vita di un prodotto solo se questa è effettivamente dimostrabile. Se è noto che una parte del prodotto ne limita la durata, l’azienda deve comunicarlo. Inoltre, le aziende non potranno più definire riparabile un prodotto che non lo è. Sarà vietato, anche indurre il consumatore a sostituire i materiali di consumo (come le cartucce d’inchiostro delle stampanti) prima del necessario. Le informazioni sulla garanzia dovranno avere maggiore visibilità e una nuova etichetta di estensione della garanzia mostrerà la durata del prodotto.
Un accordo eccellente
“Abbiamo raggiunto un eccellente accordo per i consumatori – dice la relatrice del Parlamento, Biljana Borzan -. Il 60% dei consumatori europei non sa nemmeno che tutti i prodotti hanno una garanzia legale. Oggi le cose cambiano, con un promemoria che sarà presente in tutti i negozi dell’UE e in alcuni casi anche sulle confezioni. Inoltre, una nuova etichetta di garanzia estesa mostrerà chiaramente quali prodotti durano di più, così sarà più facile acquistare prodotti più durevoli. Non dovremmo pubblicizzare prodotti che si guastano troppo presto”. Per diventare legge, l’accordo provvisorio dovrà ora ottenere l’ok definitivo del Parlamento e del Consiglio. Il voto degli eurodeputati è previsto per novembre. Quando la direttiva entrerà in vigore, gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per incorporare le nuove regole nelle loro legislazioni. (mv)
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