Benvenuti al Fuorisalone, che dal 15 al 21 aprile 2024, mentre a Fiera Milano Rho si è svolta l’edizione 2024 del Salone del Mobile, ha ridefinito – come ogni anno e più di ogni anno – le coordinate creative di Milano e non solo. Una rutilante wunderkammer dedicata alla cultura del progetto che si è trasformata nel tempo in uno strumento di educazione urbana alla bellezza
Si chiama Wild Kong. È alto un metro e 80 centimetrI. È completamente blu, un blu elettrico chiamato Mick. Si trova a Milano in via Verri 7, nel cuore del quadrilatero della moda, davanti alla vetrina Hublot, griffe dell’orologeria di lusso controllata da LVMH. È una scultura di Richard Orlinski, artista francese noto per lo stile pop e la particolare espressività cromatica. Wild Kong non è lì per caso e non solo perché tra Hublot e Orlinski esiste un rapporto creativo e collaborativo di lunga data.
Poco più di un chilometro più in là – un quarto d’ora di buon passo – presso la Galleria Deodato Arte di via Nerino 1, Orlinski è protagonista di una personale dal titolo personale “The Wild Odyssey”. In questa presenza artistica, nel suo proporsi come installazione pubblica e galleristica, nel suo circumnavigare e attraversare il cuore di una metropoli dispersiva e complessa come Milano, possiamo scoprire e osservare il senso di una wunderkammer che, negli anni, è diventata una vera e propria never ending expo del lifestyle. Benvenuti al Fuorisalone, che dal 15 al 21 aprile, mentre a Fiera Milano Rho si è svolta l’edizione 2024 del Salone del Mobile, ha ridefinito – come ogni anno, più di ogni anno – le coordinate creative della città. E non solo.
Solo un dettaglio
Raccontare cos’è successo in questi sette giorni a Milano è impossibile. Troppi eventi, troppi progetti, installazioni hanno acceso la città seminando code chilometriche in qualsiasi via del centro e non. Ma questo, è solo un dettaglio che porta alla memoria le attese infinite per accedere ai padiglioni nazionali dell’Expo datata 2015. Concentrare l’attenzione sulle 500 persone che la mattina di sabato 20 aprile attendevano in Piazza San Babila il proprio turno per ricevere il tulipano griffato Gucci e il materiale della collezione Gucci Ancora, porterebbe ogni riflessione fuori strada.
La never ending expo del lifestyle
La nascita del Fuorisalone può (forse) esser fatta risalire al 1981, quando i progetti Alchimia e Memphis mostrarono i propri allestimenti in location urbane alternative a quelle fieristiche del Salone del Mobile, la cui prima edizione è datata 1961. Dai primi anni Ottanta, ma soprattutto negli ultimi vent’anni, il Fuorisalone ha letteralmente e progressivamente colonizzato la città, crescendo in modo costante, organico alla propria mission creativa, esplosivo nei numeri.
Oggi, in questo 2024, mai come negli anni passati, il Fuorisalone ha coinvolto qualsiasi realtà sia in grado di esprimere un’identità progettuale “di design” e, così facendo, ha abbattuto “le frontiere del design” costruendo link, contaminazioni, occasioni artistiche che l’hanno trasformato in una never ending expo del lifestyle. Le griffe del lusso e della moda non possono fare a meno di essere proattive in tutto ciò. Così come molto altri brand che, solo in apparenza, potrebbero essere ritenuti distanti da questa atmosfera che si muove sul confine tra arte e architettura, moda e design, creatività, lifestyle e – soprattutto – cultura del progetto.
Chi Non C’è Non Ci Sarà
La critica a tutto ciò è molto facile. Possiamo sintetizzarla con il payoff di un vecchio evento fieristico che si teneva a Bolognafiere, il Futur Show: Chi Non C’è Non Ci Sarà. Essere presente al Fuorisalone può essere visto come un dovere, un atto di marketing, una necessità di comunicazione. E sicuramente è (anche) così. Ma trovatelo un evento in cui chiunque – nel senso di qualsiasi persona decida di percorrere le vie della città e lasciarsi trascinare dal flusso e dalla curiosità – può ammirare Bottega Veneta mettere in scena un progetto collaborativo con Cassina e Fondation Le Corbusier. Oppure smarrirsi nella percezione del colore dell’installazione di Google “Making Sense of Colour”. Stupirsi all’ingresso di Palazzo Litta per l’installazione site-specific “StraordinAria” curata dai giapponesi di we+ per la Fondazione Ermanno Casoli di Elica. Perdersi nei cortili dell’Università Statale tra progetti di ridefinizione degli spazi e del loro senso, tra cui un’installazione di Amazon.
Sperimentare la manipolazione del “materiale pelle” con Ecco. Scoprire una monumentale installazione di altissimo artigianato in vetro fuso – “Porta” – realizzata da Lasvit e allestita nel cortile di Palazzo Isimbardi. Emozionarsi in Piazza San Fedele osservando i 10 totem d’autore della mostra pubblica Second Life, realizzati da 10 designer che hanno riutilizzato i tronchi degli alberi abbattuti dalla tempesta che a luglio 2023 ha messo in ginocchio Milano e il suo hinterland. Potremmo continuare per ore, ma non lo facciamo. Se non siete stati a Milano per il Fuorisalone provate a navigare su Google mettendo in conto che per qualche ora avrete (parecchio) da fare.
Educare alla bellezza
Ci rimane una constatazione. La facciamo arrivando, sempre a Milano, in Piazza Duca d’Aosta. Qui, davanti alla facciata della Stazione Centrale (per un periodo più lungo della settimana del Fuorisalone), campeggia un’installazione gigantesca. Un colossale trompe l’œil, firmato dall’artista francese JR, intitolato La Nascita. Come spiega la testata Abitare, si tratta di “un’anamorfosi, ovvero un particolare tipo di prospettiva che può essere percepita in maniera corretta solo da un punto preciso segnato sulla piazza.
Immagini giganti stampate su pannelli di alluminio creano l’illusione di un tunnel scavato nella roccia, rimando ai lavori per il traforo del Sempione, infrastruttura al tempo avveniristica (era il 1906) che ha permesso collegamenti più rapidi con i Paesi d’oltralpe”. A livello progettuale si tratta di un modo per “sottolineare il legame e la continuità tra MiArt – Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea e Design Week”, che si sono svolte a Milano in queste settimane. A noi sembra, come gran parte del Fuorisalone, un modo volontario e inconsapevole di educare una città alla bellezza. Perché la bellezza forse non ci salverà, ma, avendola sempre davanti agli occhi, sicuramente ci può migliorare.
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