Dietrofront oppure no: la sbornia delle vendite online è passata?

Pareva che l’e-commerce, in tutte le sue mille forme e ramificazioni social, avesse messo al tappeto il retail fisico. Una vera sbornia delle vendite online dovuta, paradossalmente, alla pandemia. Invece no: i negozi tradizionali, in questa fase (quasi) postpandemica, hanno rialzato la testa costringendo molti big player del digitale a rivedere programmi e investimenti. Come dimostra, tra i tanti, il caso di TikTok Shop

 

La sbornia delle vendite online è passata? I rigidi lockdown imposti dalla pandemia nel 2020 avevano costretto la gente ad acquistare online. Il negozio fisico sembrava spacciato, con i mesi contati. Piattaforme specializzate e marchi di moda (dal più piccolo al più grande) avevano aumentato gli investimenti nel digitale, perché: “È il futuro”. Ma poi, allentate le restrizioni da Covid, i consumatori sono tornati nei negozi. La smania di acquistare online è passata e i grandi player di questo mercato sono stati costretti a rallentare i propri programmi di investimento. O a ridurre le proprie prospettive di crescita. L’ultimo caso è TikTok Shop: un successo in Cina, un flop nel Regno Unito. Morale: i programmi di estenderlo in Europa e USA sono, bruscamente, finiti in un cassetto.

La sbornia delle vendite online è passata?

Nel decennio antecedente l’arrivo della pandemia, gli acquisti online erano cresciuti in maniera piuttosto stabile ovunque. Poi è arrivata la sbornia dovuta alla pandemia: tutti a comprare (necessariamente) online. Anche chi non lo aveva mai fatto. E questo era considerato un grande vantaggio perché aveva avvicinato allo shopping digitale anche chi non lo aveva mai provato. Il consumatore sembrava aver cambiato direzione: tutti online (a vantaggio di pochi player) e negozi fisici che sentivano già l’odore dell’incenso. Ma nel 2021 il mondo ha ripreso le sue abitudini. Negli USA, per esempio, secondo il Dipartimento del Commercio, l’anno scorso l’acquisto in negozio ha battuto quello online 18 a 14. Cioè: gli acquisti “in presenza” degli americani sono cresciuti del 18% rispetto al 2020: quelli in remoto del 14%. Una tendenza che sembra destinata a proseguire.

La velocità di un dietrofront 

Sotto l’effetto della sbornia digitale, i grandi player dell’online avevano accelerato le loro mire espansionistiche, mettendo a budget investimenti miliardari. E ora? Amazon ha affermato di aver sopravvalutato la durata della shopping-mania online e di aver speso troppo per costruire nuovi magazzini logistici. A fine giugno Zalando ha emesso un profit warning poiché la domanda dei clienti sta rallentando. Richemont sta cercando da tempo di trasformare YNAP in “una piattaforma neutrale“, senza un’azionista di controllo. È stato in trattative con la rivale Farfetch, ma ormai da parecchi mesi non si registrano passi in avanti nell’operazione. Poi, pronti a mettere le mani sulla torta, c’erano TikTok, Meta (Facebook e Instagram) e You Tube con le loro funzioni di shopping. Secondo dati raccolti da Statista, il giro d’affari del social commerce sarà di 958 miliardi di dollari nel 2022 e sfiorerà i 3.400 miliardi nel 2028.

Tutti in direct

Le piattaforme social considerano il commercio in diretta come il futuro dello shopping. Un modello che aveva funzionato per TikTok in Cina, attraverso l’app Douyin, al punto che anche i rivali YouTube e Instagram avevano iniziato a sviluppare funzioni simili in Europa. Ma non sembra ancora il momento giusto. TikTok Shop ha fatto flop nel test nel Regno Unito, il suo primo mercato al di fuori dell’Asia. Il successo cinese non è stato replicato, anzi. Così, ByteDance, l’azienda proprietaria di TikTok, ha deciso di abbandonare i piani di espansione in Europa e negli USA. Probabilmente perché è ancora troppo presto. TikTok ha negato tutto ciò, ma solo perché “non ci sono mai stati piani concreti per il lancio nei mercati europei nel primo semestre di quest’anno”.

Al rallentatore

Tra il 2020 e il 2021, su Facebook e Instagram sono arrivate funzioni, come Instagram Shopping, che permettono all’utente di acquistare i prodotti visti nei post e nelle stories. Ma anche in questo caso gli investimenti procedono al rallentatore rispetto alla tabella di marcia iniziale. Come spiega The Wall Street Journal, alcuni rivenditori avrebbero ottenuto buoni risultati, ma molti si sarebbero sentiti “frustrati” da alcuni limiti tecnici, a tal punto da abbandonare il progetto.

La moda cosa fa?

Diversa è la posizione dei brand della moda nello shopping online. L’investimento nel digitale è uno dei tanti modi che ha a disposizione per mostrarsi e comunicare col potenziale cliente e/o con il consumatore fidelizzato. Per il marchio, se la vendita avviene online o in negozio, poco importa. L’importante è incassare. Anche perché l’atto di acquisto è solo la finalizzazione di un processo iniziato chissà dove. Sulla multicanalità oggi, Marco Palmieri, CEO di Piquadro, ha espresso un pensiero netto. Si è chiesto se ha ancora senso dividere i ricavi retail da quelli online, visto che non esiste un procedimento capace di stabilire se chi ha comprato online lo ha fatto dopo aver visitato un negozio o viceversa. Per il brand, invece, nasce piuttosto una questione di logistica, distribuzione e gestione degli stock. (mv)

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